David Simard - Slower, Lower

2011 (self released)
songwriter, folk-cabaret

"Si dice che nessuno lasci mai Montréal", scriveva Leonard Cohen nel suo primo romanzo, "The Favourite Game". "Questa città, proprio come il Canada, è fatta per preservare il passato, un passato che è accaduto da qualche altra parte". Anche David Simard deve avere incontrato tra le strade di Montréal le ombre di quel passato. Voci rimaste sospese nell'atmosfera fumosa di un vecchio locale jazz, tra le foto color seppia alle pareti.
Ha poco più di vent'anni, il songwriter canadese, ma è a quella storia che aspira ad appartenere. Le sue canzoni sono serenate alla penombra di un lampione, note sulle pagine di un taccuino consumato. La definizione che preferisce, quando parla della sua musica, è quella di "folk-cabaret": una scrittura dal gusto retrò e dalla vocazione teatrale, che fa del suo disco d'esordio, "Slower, Lower", una delle rivelazioni cantautorali più preziose dell'anno.

Il vibrare del contrabbasso apre lo scrigno dei ricordi di "Memory Box" con il senso di fatalità di Mick Harvey e l'eleganza fuori dal tempo di Cole Porter. Nato alle pendici delle montagne della Columbia Britannica, lungo la costa del Canada nordorientale, Simard ha vissuto per anni nel profondo dell'Ontario, prima di approdare a Montréal. È lì che ha conosciuto Daniel Gélinas, destinato a diventare il batterista della sua backing band, i Da Da's.
"Grazie a Daniel ho potuto incontrare un sacco di artisti con un vero background jazz", racconta. E proprio Gélinas si è occupato della produzione dell'album, registrando in presa diretta i brani di "Slower, Lower" nello studio Chocolat Chaud di Montréal. Un disco che ha già fruttato a Simard la menzione tra i migliori songwriter dell'anno da parte della rivista locale "Montréal Mirror".

La chitarra scandisce decisa i contorni, accompagnata dai riflessi notturni del clarinetto di Isak Goldschneider e dal profilo dei controcanti di Brie Neilson. L'architettura dei brani si declina secondo direzioni inattese: canzoni che contengono altre canzoni, come se ogni suggestione reclamasse il suo spazio. "Prima di completare l'album mi sentivo come se dentro di me ci fossero così tante canzoni da rimanere soffocate tra di loro", spiega Simard. Ecco allora la drammaticità di "Play That Saxophone" tramutarsi all'improvviso in una sinuosa frivolezza da juke-box, mentre la danza di fisarmonica di "When I Was A Little Boy" si lascia travolgere da un passo zingaresco.
Tra arie svagate ("Good Friend") e sfumature romantiche ("Oh My, My"), l'orchestrina anni Venti di "Guilty" sbuca dal sipario con un delicato ragtime. "Mi piacerebbe suonare in un vero piano bar", confessa Simard con un sorriso nostalgico, "ma ormai non ne esistono più". La sua voce indulge al falsetto sulle note di "This Home", si fa guidare dal pulsare del contrabbasso in "The Knife", per poi lasciare spazio alle punteggiature di piano nella strumentale "Draft Dodgers". Il timbro intenso e fremente è quello dell'Andrew Bird delle origini, coniugato con il folk dalle tinte scure di Elvis Perkins e Vandaveer.

Presagi di mortalità, istantanee d'infanzia e affitti da pagare: il viaggio di "Slower, Lower" è fatto di paesaggi in chiaroscuro, alla ricerca della strada di casa. "Le mie non sono altro che canzoni folk", afferma Simard con semplicità: un canadien errant deciso a raccogliere l'eredità dei trovatori della sua terra. "I inhabit this body so temporarily", canta con il tono di chi conosce bene le pieghe misteriose del tempo. "I don't feel like gettin' over anything". Quel vecchio locale intessuto di memorie, da qualche parte tra le vie di Montréal, è pronto per aprire di nuovo le sue porte.

13/12/2011

Tracklist

  1. Memory Box
  2. Good Friend
  3. The Knife
  4. Magda
  5. Guilty
  6. Over Anything
  7. Oh My, My
  8. Streetlight Strut
  9. When I Was A Little Boy
  10. Play That Saxophone
  11. This Home
  12. Draft Dodgers
  13. One Coffee, Two Coffee

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