Vandaveer

Dig Down Deep

2011 (Alter K / Supply & Demand)
songwriter, folk-pop

"Allora, c'è questo tizio... il suo nome è Mark, ma gli amici lo chiamano Charles. Scrive canzoni che a volte suonano folk, altre volte pop, rock o smooth jazz, ma soprattutto folk. E poi c'è questa ragazza. Si chiama Rose e canta come un angelo. Tutto qui, più o meno". Con questo autoritratto semplice e schivo, Mark Charles Heidinger si ripresenta sulle scene per il terzo capitolo del progetto Vandaveer. Un progetto trasformatosi ormai in pianta stabile in un vero e proprio duo, in cui la voce del songwriter americano si lascia cingere amabilmente dal controcanto della bionda Rose Guerin. "Dig Down Deep" scava fino all'essenza della scrittura di Heidinger, proseguendo lungo la medesima strada del precedente "Divide & Conquer": un palpitare semplice e personale di canzoni, che disco dopo disco si arricchisce della prospettiva di un'intima maturità.

Si annuncia con il tono vibrante dell'inno, "Dig Down Deep". Un inno per chi non si rassegna a combattere senza scopo la battaglia di ogni giorno. Il lieve tappeto ritmico di "Concerning Past & Future Conquests" rimanda alle atmosfere di "Grace & Speed", caricandole di archi avvolgenti e sottolineature enfatiche. Il cantautorato schietto di Josh Ritter ("AOK") convive con la drammaturgia cameristica dei Decemberists ("Spite"). Ad alleggerire i toni, poi, ci pensano le movenze pop alla Marc Bolan (ma declinate in chiave indie-folk) di "The Nature Of Our Kind": "un piccolo numero", per usare le parole di Heidinger, "sul fatto di continuare a girare intorno a velocità bruciante, che ne siamo consapevoli o meno".
Nonostante qualche semplificazione di troppo, è ancora una volta nei chiaroscuri che si nasconde l'anima di Vandaveer: i fraseggi sognanti del pianoforte ammantano "As A Matter Of Fact" di un velluto teatrale, mentre "The Great Gray" tratteggia una marcia lugubre screziata di interferenze. "Amo la musica che scende nel lato oscuro delle cose: Nick Cave, quel genere di roba".

L'approccio diretto dei brani si ricollega a quello dell'Ep casalingo "A Minor Spell", che ha preceduto di qualche mese la pubblicazione dell'album. Ma in "Dig Down Deep" la mano fidata del produttore Duane Lundy arricchisce di dettagli i contorni: "abbiamo trasformato casa mia in uno studio per qualche settimana, usando ogni stanza per ottenere suoni differenti. Bagno, cucina, soggiorno, ripostigli, sottoscala, abbiamo usato tutto quanto...". Così, la conclusiva "The Waking Hour" lascia da parte la vivacità acustica della versione presente in "A Minor Spell" per dilatarsi fino a rimanere sospesa soltanto alle voci di Mark e Rose: "We stood stone still at the base of a mighty case of stairs / Stared straight up, searched for signs, such a steep affair".
Tra le punteggiature di "Beat, Beat, My Heart", il grigiore di un'esistenza addomesticata si contrappone alla tavolozza di colori della speranza: "I'll wager my fate for a glimpse of Technicolor love / Oh, enough with all these grays". Che cos'è, in fondo, la speranza, se non la possibilità di trasformare le tinte di ieri in qualcosa di nuovo, la possibilità di ricominciare da capo ogni giorno? E il coro diventa un sussurro, nei versi che chiudono "Dig Down Deep": "By the grace of God, we can start again".

28/04/2011

Tracklist

  1. Dig Down Deep
  2. Concerning Past & Future Conquests
  3. Beat, Beat, My Heart
  4. As A Matter Of Fact
  5. The Great Gray
  6. The Nature Of Our Kind
  7. Spite
  8. AOK
  9. Pick Up The Pace
  10. The Waking Hour

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