È davvero possibile dire che Paolo Ske Botta sia uscito da Yugen? Ad ascoltare il suo esordio per AltrOck, ormai a tutti gli effetti la più attiva e accreditata etichetta mondiale in ambito Rock in Opposition (R.I.O.), verrebbe da dire di no.
Difatti questo è un album di Yugen a tutti gli effetti, e non solo perché vi collaborano tutti gli elementi del progetto capitanato da Francesco Zago ma perché se ne riconoscono le coordinate stilistiche e compositive, spigolose e cerebrali, l'assoluta oscillazione tra presente e passato sonico.
Eppure, iniziando col celebrare ulteriormente la qualità di questo dischetto, non a caso giudicato da molti il migliore album di rock progressivo del 2011 assieme ad "Assurdo" dei Garden Wall e uno dei migliori degli ultimi decenni, qualcosa di diverso tra questi solchi alberga, ed è una tensione più romantica e descrittiva che semmai si era riscontrata solo in "Labirinto d'acqua" - primo, acclamato album della formazione meneghina. Una dolcezza che non ha paura di conquistare con l'emozione piuttosto che con l'esibizione tecnica e con le impossibili geometrie escheriane di Zago.
Un enorme affresco dalle tinte cangianti che non teme di pescare, dunque, anche dal rock romantico più tradizionale (la presenza del flauto traverso di Nicolas Nikolopoulos, le voci nobilissime del soprano di coloritura Roberta Pagani e Valerio Neth Reina, il dolcissimo violino di Elia Mariani e il sax di Valerio Cipollone, nell'autenticamente magica "Sotto sotto", forse il più bell'episodio del lotto).
Non mancano soluzioni emersoniane all'hammond, le geometrie dei Gentle Giant in "Scogli 1" e l'introduttiva "Fraguglie", alternate però a sospensioni dolcissime e atmosferiche a rendere di contro le frammentate e imponenti ritmiche yugeniane solo uno dei tanti elementi di un album coloratissimo. Un disco che non rinuncia nemmeno alla pura bellezza del romanticismo banksiano di "A Trick Of The Tail" e "Wind & Wuthering", come in "Delta". In "Carta e burro" c'è persino il ricorso a soluzioni sonore filmiche nella migliore tradizione morriconiana.
Botta dimostra di essere compositore raffinatissimo e profondo conoscitore della tradizione progressiva in tutte le sue sfumature, anche le più dimenticate, ma anche abilissimo innovatore di formule altrove pesantemente stantie. Il sinfonismo di "Scrupoli" è irresistibile nel conoscere emozionalità autentica e imperscrutabili soluzioni stravinskiane.
In "Mummia" è riconoscibilissimo l'ineccepibile tocco pianistico del maestro Maurizio Fasoli, alternato ai riff di sax crimsoniani di Markus Stauss, patron della svizzera Fazzul Music. Il tutto alternato a intrecci memori del progressive-rock italiano della Pfm e tali da garantirsi a lungo un posto a contratto indeterminato, in tempi di piena crisi economica e culturale, nella memoria collettiva.
"Scogli 2" è semplicemente bellissima nel ricorrere ai più misterici Satie, Messiaen e Skrjabin, con in bella evidenza ancora il pianoforte a coda di Fasoli accostato abilmente alle asperità violinistiche di Mariani e a una chitarra elettrica, guidata dalle dita del direttore d'orchestra Zago, mai così memori delle ossessive geometrie del Fripp di metà Settanta.
La voce-strumento di Roberta Pagani, capace di vocalizzi irragiungibili, giganteggia su "La Nefazia di Multatuli", assieme al clarinetto di Cipollone, mai più elegante nel timbro. La regia ritmica di Mattias Signò e Fabrice Toussaint è ineccepibile nel risultare puntuale e mai eccessiva.
La conclusiva "Rassegnati" si abbevera alla fonte del migliore Balletto di Bronzo in chiave Cuneiform o Recommended, regalando un capolavoro di tessitura armonica e melodica dove i colori sonori sono dosati con una sapienza alchemica che solo "La Teoria dei colori" di Goethe potrebbe chiarire appieno. Assoluto plauso, oltre che alle tastiere del mastermind del disco, anche al geniale Giuseppe Jos Olivini, capace di disseminare sfumature di ogni sorta suonando qualsiasi cosa sia capace di emettere un suono, incluso il rimbalzo di una biglia!
Un disco che è in grado di raccogliere enciclopedicamente tutto quanto è stato prodotto in quarant'anni di progressive-rock mondiale e mostrare al tempo stesso un proprio, interessantissimo punto di vista. Il miracolo in cui "1000 Autunni" riesce è quello di non stancare mai, neanche dopo infiniti ascolti e pur nella sua complessità, cosa che spetta solo ai classici autentici.
Un mosaico dagli arrangiamenti assolutamente sensazionali, i migliori ascoltati da anni a questa parte e tali da non fare rimpiangere neanche il più illuminato Frank Zappa.
27/04/2012