Incassati applausi a destra e a manca e ricevuti i doverosi apprezzamenti, Alex Willner torna alla ribalta con la sua
celebre creatura, sfornando il più classico dei terzi dischi. Già, perché se con le prime due prove erano soprattutto l'assiduità del
beat e una roboante cassa dritta a regalarci emozioni a iosa, nel qui presente "Looping State Of Mind" le cose appaiono decisamente cambiate fin dalle prime, dimesse contorsioni voltaiche di "Is This Power". Stavolta, Willner mette da parte qualsiasi velleità danzante, rincarando la dose attraverso un nuovo percorso emotivo, in cui è un'imprecisata compostezza elettronica irta di ricami
glitch a prendere il sopravvento, svelando un po' inaspettatamente uno dei lati più nascosti, regressi e forse meno attesi della sua anima produttiva.
"Looping State Of Mind" spiazza così gran parte della platea. Willner riduce all'osso qualsiasi ripartenza
technoide. Ora il suo intento è appagare i sensi anestetizzandoli attraverso
loop continui e dimessi, avvalendosi in diverse occasioni di pachidermiche piroette elettroniche.
La ripetizione dei suoi costrutti giace in uno stagno di reflussi armonici, mentre i
bpm diminuiscono e risultano dosati a gocce, controllati dall'alto di una nuova armonia interiore. A rimarcare gli aspetti di questa improvvisa mutazione sono l'ipnosi
hebdeniana di "Burned Out", il trotto estatico di "Arpeggiated Love" e la struggente malinconia di "Then It's White".
In netta contrapposizione all'umore pacatissimo del disco, è possibile intuire in coda le frattaglie elettriche roteanti di "Sweet Slow Baby", fatte vibrare su un morbido tappeto ritmico che non ne vuole sapere di cambiar direzione, o la riuscitissima "It's Up There", unico vero momento in cui Willner torna a mordere i sensi con calore quasi discotecaro.
Con "Looping State Of Mind" Mr. The Field ha semplicemente ridotto la randa con lo scopo di assestare la propria direzione. Del resto, quando si ha il vento in poppa non è affatto semplice gestire la faccenda. Occorre self-control, una certa pienezza compositiva e una buona dose di coraggio. E per questa sua terza, delicata uscita, al buon Willner non è mancato nessuno di questi tre elementi.
Scusate se è poco.
15/10/2011