Come si è letto da qualche parte, tra i rimandi di Crisne c'è pure quello a Chris & Cosey. Un rimando, comunque, che ci sta nella misura in cui c'è anche a The Normal (Daniel Miller) e/o The Future (i pre Human League). Più che un singolo gruppo, Crisne omaggia (ma non solo) certo suono sintetico dei primi 80. Poi però, notando la front cover di "Albedo", raffigurante una bionda austera che ci piace immaginare come Agnetha Fältskog degli ABBA, la tangenza con Chris & Cosey (notori fan del gruppo svedese) assume sì forme più definite.
Riuscite a immaginare la Laurie Anderson di "Big Science" che, supervisionata da Maria Minerva, gioca a fare Doris Norton? In soldoni, con Cannibal Movie e In Zaire, Crisne è un nuovo tassello della psichedelia nostrana un po' ipnagogica un po' retro-futurista.
Che poi, anche se non si direbbe, Crisne è Francesca Marongiu degli Architeuthis Rex. Una Marongiu in vena krauta tra Cluster ("Stones For The Wise Master Builders") e primi Tangerine Dream ("Anuqet"). Indolente e psichedelica ("Tueret In Whitechapel"), spettrale e solenne ("Island").
Dal gruppo madre non eredità aperture avant-metal né noise: ne aggiorna, semmai, la vena gotica. Ad esempio in "Lunar Barge, Moon Chariot", gioiello di indubbia bellezza e climax del disco, col suo cantato lunare e mood cinematico (ascoltandola mi sovviene la Jennifer di "Phenomena").
Un disco secondo i dettami odierni di un suono che somiglia a quello di una musicassetta rinvenuta dopo mezz'ora di bagnomaria, fin troppo contestualizzato e di conseguenza a rischio archiviazione a fenomeno passato. E prima o poi passerà.
Forse lei rimarrà? Chissà.
Intanto, ascoltatela.
11/04/2012