Tante sono state le commistioni tra arti visive e musica rock/pop, ma una sola figura è riuscita ad avere successo in entrambi i campi: si tratta della americana Laurie Anderson. Nella sua figura si uniscono due filoni di tangenza tra arte e musica. Da un lato c'è l'influenza della performance art (dall'antesignano John Cage fino al gruppo Fluxus), con la commistione tra il corpo dell'artista, protagonista dell'azione che costituisce l'opera, e il medium tecnologico rappresentato dal video, che ne preserva la memoria. Dall'altra c'è l'avanguardia elettronica che, con Varèse e Stockhausen, è entrata a far parte anche dei libri d'arte contemporanea. Si aggiunga una propensione tutta newyorkese per la poesia urbana, che la porterà a collaborare con figure come William Borroughs e Robert Wilson e sarà anche parte del rapporto artistico e sentimentale con Lou Reed.
Ciò che distingue Anderson da tanti musicisti prestati all'arte (sorridiamo al ricordo delle scorribande nel campo della pittura di Bowie, peraltro un serissimo conoscitore e mecenate) è il fatto che per lei i due aspetti sono inscindibili e vivono uno in virtù dell'altro.
Il suo primo capolavoro artistico sono le otto ore di performance multimediale di "United States I-IV", sviluppate a partire da metà anni Settanta. Da quel calderone, nel 1981, Anderson estrae un frammento di otto minuti che, ribattezzato "O Superman (For Massenet)", diverrà un singolo piazzato al numero due della classifica inglese, proiettandola al centro della scena pop.
Nel 1982 altri momenti di "United States", uniti al fortunato brano, daranno vita all'album "Big Science".
Nel 1984 l'artista, forte del successo ottenuto, riuscirà a farsi pubblicare tutta la performance in "United States Live", per la bellezza di cinque Lp, impresa da vero genio del marketing. Il tutto è ancora più incredibile se si approfondisce la tematica dell'opera. La performance vede infatti la Anderson recitare e suonare davanti a uno schermo su cui diversi proiettori riversano immagini, filmati e giochi di luce, illustrando un grande ritratto dell'America in quattro parti (trasporti, politica, soldi, amore) e concentrandosi sull'idea degli Usa come terra dell'utopia tecnologica. "Un altro tema del mio lavoro - dichiara al New York Times - è come vivere con la tecnologia e accettarla. Come umanizzarla".
Chiunque abbia orecchiato "O Superman" ricorda il robotico loop vocale (Ah - Ah - Ah - Ah), corrispondente a due accordi, che sorregge l'intero pezzo costituendone insieme l'ossessione e il principale "gancio"melodico. L'uso inquietante della tecnologia fatto nelle performance, per esempio con l'utilizzo di voci di segreterie telefoniche ("Hi I'm not home right now..."), si ripercuote anche nell'uso straniante del filtro Vocoder sulla voce e in generale sul freddo recitativo che costituisce in buona parte il "cantato"della Anderson nel brano.
Proprio con un messaggio in segreteria ("Hello? This is your mother.") si apre il pezzo, che trapassa da banalità rassicuranti a un primo sinistro avviso: "This is the hand. The hand that takes/ here come the planes". In seguito si specifica che gli aeroplani sono "americani", e che, secondo il motto delle Poste, niente potrà fermare i corrieri dal compiere la loro missione. A rassicurare giungono massime ironiche come "Quando l'amore è perso c'è sempre la giustizia. Quando la giustizia è persa c'è sempre la forza. Quando la forza è persa c'è sempre la mamma". Ma è nel finale che si svelano le tematiche apocalittiche del testo, solo in parte legate all'attualità (con riferimenti alla crisi tra Usa e Iran del 1979) e frutto di una più vasta visione culturale: l'invocazione "Così tienimi, Mamma, tra le tue braccia/ le tue braccia petrolchimiche/ le tue braccia militari/ le tue braccia elettroniche" dispiega eloquentemente un panorama spaventoso. Ma c'è anche il piacere della citazione e della cultura: il refrain principale (“O Superman. O Judge. O Mom and Dad”) è una ripresa di un'aria dell'opera "Le Cid" di Jules Massenet (citato appunto nel titolo dalla Anderson) che diceva "O Souverain, o juge, o père".
Insieme sinistro e giocoso, freddo ed evocativo, il brano costituisce il modello per tutto il resto del disco, svelandone il lato ludico e ironico (in un altro punto di "United States" l'artista racconta la storia del suo ingaggio alla Warner bros davanti all'immagine di cascate di dollari) sia quello inquietante, con un Paese visto come grande madre, insieme protettiva e soffocante, imperativa. "Il nostro piano è di sganciare un sacco di strani oggetti sul vostro paese dall'aria. Alcuni oggetti saranno utili. E altri saranno... strani... Gli Stati Uniti aiutano, non danneggiano, fanno sviluppare nazioni usando le loro risorse naturali e materie prime" è uno dei falsi slogan con cui si apre la performance, abbinato a immagini di una bandiera passata attraverso una asciugatrice automatica.
In modo simile, l'iniziale "From The Air" dimostra uno spiccato piglio rock pop col suo incastro di batteria e sax, ma provvede anche a una raggelante introduzione quando il recitativo diabolico della Anderson ("This is your Captain/ and we're going down", spiegare la metafora è pleonastico) è sottolineato dal fatalismo dei synth.
Il brano che dà titolo al disco è invece il più solenne ed elettronico, sorretto da synth e rade percussioni, con la voce che si fa salmodia medievaleggiante ("Golden cities/ Golden towns/ Big Science/ Hallelujah" ) ad alternarsi con la solita recitazione. E' una sorta di dialogo tra la protagonista e il personaggio del Padre, che tratteggia un allucinante paesaggio urbano ("And long cars in long lines and great big signs/ and they all say : Hallelujah") che è anche tremenda filosofia di vita (Every man, every man for himself): si tratta, insieme al singolo, del momento più emozionante dell'album.
Se "Sweaters"è uno scherzo di stranianti cornamuse, "Walking & Falling" rappresenta l'esempio di come la Anderson possa costruire una tensione drammatica soltanto con pochi suoni uniti al suo recitativo. La marimba che introduce "Born, Never Asked" ricorda invece gli album coevi di quel Peter Gabriel col quale Anderson collaborerà in seguito (in "This Is The Picture (Excellent Birds)", su "So") e che sta portando avanti un discorso di umanesimo tecnologico piuttosto vicino a quello di "Big Science". Il brano si evolve poi in un assolo al violino della protagonista, anche questo tanto minimale quanto solenne e stranamente dolce. Seguono poi i vocalizzi demenziali di una "Example # 22" (piena però di riferimenti a inquietanti "voci paranormali su nastro"), caratterizzata dalla strumentazione più ricca e bizzarra del disco (violino, flauto, sax tenore e baritono, clarinetti, accordion), a testimonianza di come l'aspetto musicale non sia mai stato per lei secondario.
Al contrario, la Anderson ha sfruttato appieno la duttilità del medium rock per contaminarlo con forme di comunicazione più "serie", mentre nel contempo tendeva a rendere spettacolare e comunicativo il lato propriamente artistico della sua produzione. Ugualmente giocosa "Let x =x", che introduce una nuova dissertazione sullo sfondo di solenni tastiere, marimba e hand clap e sembra rimettersi ironicamente al positivismo sul piano dei testi ("...cause I can see/ the future and it's a place - about 70 miles east of/ here . Where it's lighter..." ) per poi deragliare nel caos con un trombone impazzito.
L'ultimo brano "It Tango" continua il precedente costituendo una traccia sola con esso e ripropone lo schema del dialogo tra due personaggi (tutti ovviamente rappresentati dall'artista, autodefinitasi una "indossatrice di voci"), che però sprofonda sempre più nel nonsense, fino all'incomunicabilità dell'enigma finale, mentre sullo schermo scorrono romantiche nuvole bianche: "Your eyes. It's a hard work looking into them". L'altro grande tema è quindi quello della comunicazione, vissuto con atteggiamento in bilico tra la fiducia positivista (l'approccio creativo, umano, ai mezzi tecnologici) e la paura dell'alienazione ("you're not alone").
Proprio quella di un intrigante enigma è la sensazione finale lasciata dal disco, segno di un'attitudine spiazzante e volta costantemente alla ricerca che la Anderson ha portato direttamente dall'arte nel rock, mantenendola anche a costo di rinunciare a facili successi, giacché l'exploit di "O Superman " non ha avuto seguito, mentre è continuato il trapasso dalle performance ai dischi con "Home Of The Brave" e "Moby Dick", sempre volti a tratteggiare il grande affresco americano.
L’irruzione di Laurie Anderson nel contesto rock ha spazzato via i facili velleitarismi dei "dandy elettronici" degli anni Ottanta e imposto una figura di artista a tutto tondo con pochi pari, che ridefinisce del tutto il ruolo femminile nell'ambito musicale. Non a caso, a confrontarsi con lei sono stati i più grossi nomi dell'intellighenzia rock, soprattutto Brian Eno, sicuramente la figura a lei più affine, col quale ha realizzato "Bright Red" nel 1994.
A parte i dischi la sua carriera è stata caratterizzata da un'infinità di progetti comprendenti spoken poetry, performance, installazioni, collaborazioni a balletti, opere teatrali e musiche per film, mentre il periodo delle sue prime opere, fino a "United States" è stato raccontato nel volume “Stories from the Nerve Bible. A Twenty- year retrospective”.
L'esecuzione di "O Superman" a New York nelle settimane successive all'attentato del 2001 ha testimoniato quanto quel materiale sia ancora vivo, oltre al legame di Laurie Anderson con la città, dove parabole artistiche entusiasmanti come la sua sono ancora possibili.
24/08/2008