L'infatuazione per il minimalismo di Terry Riley porta il chitarrista dei Ponytail a rilasciare un altro disco solista, "Dreams Say, View, Create, Shadow Leads", una sorta di distillato delle sue esibizioni dal vivo. Attraverso un sofisticato gioco di pedali, loop e texture immaginifiche, il chitarrista (che ha vissuto la sua infanzia tra Hawaii e Giappone) dà vita a una nuova sinfonia di epidemica effervescenza, ribadendo, ma approfondendo e rifinendo, quanto su "Infinite Love" era, a mio avviso, ancora in divenire, anche a causa di un formato (doppio Cd con minime, subliminali variazioni di partiture) che finiva per rendere l'ascolto poco avvincente.
Anche se da una prospettiva diversa, questo mosaico di accordi cristallini e di stratificazioni infinite è parente prossimo sia delle coloratissime e caramellose apoteosi electro-psichedelici di Dan Deacon, sia delle "spensierate" nevrosi dei Fang Island. Ma, appunto, la prospettiva diversa... per cui Wong, a partire dal drone insistito di chitarra che apre "Ice Sheets On Feet Prints", si perde in un continuum di arcobaleni armonici e di fughe minimaliste che invadono lo spazio-tempo dell'ascolto fino a creare uno stato di trance, un estatico accendersi e spegnersi di timbri e sfumature.
L'arte della ripetizione e la magnificenza di un melodismo poliedrico ("Abstract Horse Slow Motion", "Triangle Train Stop", "On/In The Way"), tracce di tribalismo onirico ("Tea Tree Leaves Retreat"), i "viaggi spettrali" di Paul Speer che ritornano come fantasmi del passato mescolandosi ad una certa naiveté del Roger Miller solista ("Toe Tore Oh", "Pink Diamond", "Route Through Eyebrow", brani che si riallacciano direttamente a quanto fatto su "Let It Go", cassetta che merita una riscoperta), e frippertronics redivivi che illuminano a giorno anche le notti più buie ("Purple Slipped Right", "Pencil Drove Hill Moon").
In "Sprinkle Wet Toes", gli accordi sbocciano come fiorellini di rugiada, rotolandosi, dunque, come fiocchi di neve lungo colline di zucchero; in "Evening Curves Straight", assistiamo al declinarsi di uno dei momenti più alti dell'intera opera, grazie ad una tensione progressiva più accentuata, ad un susseguirsi. "Space Tunnel Graffiti", invece, è la variante rock di questa giostra perenne, mutante e coloratissima, mentre in "Diagonally Talking Echo" ascoltiamo anche la voce di Wong, pur se "trasmessa" da una dimensione parallela.
Quando può, Wong si diverte anche a modificare in corsa le dinamiche di queste deliziose mini-sinfonie, aggiungendo riflessi ulteriori in questa sterminata stanza di specchi, dove il suono e la felicità si rincorrono in un eterno-ritorno-della-gioia-di-vivere.
16/02/2012