La grande dame del gothic-rock rinasce sotto le sembianze d'una ammaliante ninfa, per un viaggio attraverso le sorgenti più oscure della mitologia greca. Congelati per il momento i suoi Faith And The Muse, Monica Richards si cimenta con la seconda prova solista, dopo il debutto "Infrawarrior" (2006). E stavolta fa le cose in grande, a cominciare dall'artwork, con, allegato al cd, uno splendido libro di 32 pagine, con foto e disegni a colori curato dalla stessa Richards, cui hanno contribuito molti artisti visuali contemporanei, tra i quali James O'Barr ("Il Corvo"), Bernie Wrightson ("Creepshow") e Bill Sienkiewicz ("The New Mutants"). Ambizioso anche il concept: una riflessione sul potere eterno dell'acqua, elemento arcano, simbolo di delicatezza e profondità, gelosamente custodito proprio dalle divine naiadi.
Ma quel che conta, in "Naiades", è soprattutto la ricchezza di un sound che solo in parte attinge alla matrice death-rock del gruppo madre, per disperdersi poi in mille rivoli, all'insegna di continui incroci elettro-acustici, tra ambient esoterica, ritmi tribali, dark-wave e world music. Una ipnotica alternanza di danze selvagge e avvolgenti ballate, colme di mistero e romanticismo. Su tutto, troneggia sua maestà Monica, metà strega, metà divinità: una Ecate sinistra e incantevole, che prende per mano l'ascoltatore fin dall'inizio e lo trascina in questo gorgo occulto, dove la contrapposizione corpo-spirito, terra-eden è ancora una volta il tema centrale.
A volte basta la voce magnetica della Richards a reggere il gioco, come nella scarna piéce "Scylla and Charybdis", con le sue polifonie contrappuntate soltanto dalle percussioni sciamaniche, o nell'altra danza elettro-tribale di "EndBegin", dove stormi di voci e di timpani aggiungono un respiro epico al suo mantra. Altre volte il suono si fa più denso e avvolgente: il bel singolo "The Mighty" è un visionario lied cinematico alla In The Nursery, con lo spoken word che si libra profetico su lussureggianti tappeti di tastiere, mentre dulcimer e violoncello (Marzia Rangel) intarsiano arabeschi orientali, fino all'esplosione percussiva finale.
La qualità eterea e atmosferica della sua musica trionfa nell'iniziale title track: una visione onirica tra le nebbie dell'aurora, il canto di sirena lontano, i cimbali e i found sounds a increspare lo specchio vitreo dell'acqua. Un sound che evoca i migliori Dead Can Dance e assume tonalità neoclassiche nella ninnananna di "Lureinlay", raggelata da strati di viole e violini (a cura di Paul Mercer) con Monica a bisbigliare dolcemente i suoi versi mortiferi ("I put them all to sleep/ One touch of my voice then dead at my feet").
A far da contraltare a questa dimensione celestiale, la fisicità dei brani più prossimi alle radici death-rock ed electro-goth: la vibrante "Armistice", con pattern da dancefloor catacombale e vocalizzi stregoneschi alla Siouxsie, l'ancor più orecchiabile "The Strange Familiar" (title track dell'Ep che ha preceduto il disco), con beat squadrato e suono iper-stratificato, le martellanti "Pride" e "The Tail Of Two", con basso pulsante e chitarre distorte che rimandano ai primordi di Faith & The Muse, al fianco di pionieri gotici come Christian Death e Mephisto Waltz.
Apprezzabile per la ricchezza dei contenuti e la raffinatezza degli arrangiamenti, seppur non sempre omogeneo nel songwriting, "Naiades" dona una seconda vita alla Richards, non più (solo) voce al servizio delle chitarre di William Faith, ma sofisticata sacerdotessa di riti ancestrali, aggiornati al nuovo Millennio. Una ninfa che riporta alla mente l'inquietante icona di Kirsten Dunst in "Melancholia": adagiata in un letto d'acqua, in completa simbiosi con la natura e in attesa dell'Apocalisse.
(04/04/2012)