Musica per palati raffinati
Queste le prime parole che ho letto riguardo ai
Saint Etienne, in una recensione sull'ormai estinto "Tutto Musica" di diversi anni fa. Una definizione azzeccatissima: fin dai tempi dell'esordio (avvenuto nel 1991 con lo storico "
Foxbase Alpha") questi tre esclusivi londinesi ci hanno regalato alcune delle pagine più belle della
Cool Britannia, creando un marchio di fabbrica con quel suono limpido come acqua fresca che scorre dal rubinetto in un mattino d'estate, ma allo stesso tempo capace di mutare volto ad ogni angolo e cangiare di mille colori. Non sono mancati nostalgici richiami al pop anni 60 e le successive riletture
britpop, i momenti house e techno e le inflessioni
chill-out, così come sprazzi di folk cantautorale ed escursioni nell'ambient e nell'elettronica più minimalista. Il credo, però, è sempre rimasto lo stesso: Pop, che per i Saint Etienne è sacro e si scrive con la P maiuscola.
Allo stesso tempo, però, i Saint Etienne - nostalgici di professione - hanno anche nutrito una passione quasi maniacale per gli (ormai obsoleti) piazzamenti in classifica, i gossip da Top Of The Pops, le
girl band pilotate da dietro le quinte e l'amore per le
hit single del momento (sono amici stretti da tempi remoti con Brian Higgins del combo di autori/produttori Xenomania - già la lavoro con
Cher (che ancora ringrazia per "Believe"),
Kylie e Dannii Minogue, i
Pet Shop Boys e Alesha Dixon fino alle chiacchierate Sugababes e Girls Aloud).
Va da sé che - in un clima simile - pure i Saint Etienne alle volte hanno formattato le valide idee dei propri
concept album in favore di un pop melodicamente semplice e diretto, trasformandosi quasi in artigiani del proprio mestiere. In realtà, tali episodi hanno costellato da sempre il tessuto della loro carriera - come dimenticare le storiche "
He's On The Phone", "
Who Do You Think You Are" e "
Sylvie"? - ma si erano piuttosto intensificati negli ultimi due lavori di studio, quali "Finisterre" (2003) e l'ultimo, più confuso, "Tales From Turnpike House" (2005), disco che nei successivi anni d'assenza della band in molti avevano iniziato a leggere come un epitaffio.
Niente paura invece, perché - con calma e per piacere, a ben sette anni di distanza - i Saint Etienne sono tornati a rassicurare il proprio pubblico con un nuovo lavoro, "Words And Music By Saint Etienne" (titolo suggerito dall'amico
Lawrence Hayward).
Il motivo del ritorno è semplice: l'amore sacro per la Musica, quella forma d'arte che accompagna, emoziona, intrattiene, innamora e punteggia sottilmente l'andamento delle nostre vite tanto da diventarne parte integrante; la Musica è il motivo per il quale Bob, Pete e Sarah sono tornati a suonare, io ve ne parlo e voi state leggendo questa recensione.
Non è quindi casuale la scelta, come primo singolo estratto, del pezzo che meglio fotografa l'atmosfera dell'album: "Tonight" racconta di quell'incontenibile sentimento di gioia ed eccitazione che si prova nel momento in cui ci si sta preparando per andare a vedere il concerto del nostro artista preferito, e la sua contagiosa atmosfera ci riporta alla nostalgia dei bei tempi andati: sinuose linee di synth, un rotondo ritmo di
tunz-tunz, coretti morbidi come bianchissima ovatta e quella voce di Sarah che scorre liscia come passare la mano su un velluto pregiato. Innovazioni? Manco per scherzo. A questo giro i Saint Etienne - visionari del passato - hanno smesso di spingere barriere, preferendo piuttosto andare a ritroso a rileggere le proprie radici con quella solita eleganza che ha ormai fatto scuola.
"Words And Music By Saint Etienne" è quindi una
summa di tutto il loro lavoro, una rivisitazione che risulta, per forza di cose, ricca di auto-celebrazioni, ma pur sempre fresca, garbata e decisamente "umile", come è sempre stato il loro stile.
Un altro lampante esempio di nostalgia è posto proprio in apertura del disco; nello
spoken word "Over The Border", Sarah ci racconta le autobiografiche storie delle sue memorie musicali, dall'infantile innamoramento per i capelli dei
Genesis, al primo disco comprato con la paghetta, l'eccitazione per le esibizioni al Top Of The Pops e l'attesa dell'annuncio del primo posto nella classifica settimanale. Con quel ritornello che arriva come una bella ventata d'aria
vintage, i Saint Etienne ritornano, di soppiatto, a pungerci con la forza suggestiva della
popular music: impossibile non trovare, tra le parole di "Over The Border", almeno uno spunto che ci riporti al nostro spaccato di vita, ai nostri dischi del cuore e alle memorie ad essi connesse. Anche "Heading For The Fair", con quel primaverile e scalpitante ritmo di piano elettrico, guarda indietro nel tempo al periodo svedese del vecchio "Good Humor" (1998), mentre la nostalgica bordata dance di "When I Was Seventeen" sembra scritta per ascoltarsi sul ponte di uno
yacht all'ora dell'aperitivo.
Che dire poi della frivola e pimpante "Popular", se non che sfoggia un vero ritornello da manuale? Artigiani sì, ma dei più raffinati. "Twenty Five Years" invece parte con due note che ricordano quasi "Cup Of Coffee" dei
Garbage, nel tono un po' dolente, sebbene l'interpretazione di Sarah sia di gran lunga più controllata rispetto a quello della collega Shirley Manson. Stiamo andando a ritroso, insomma, tanto che non manca nemmeno il consueto appuntamento con il "pop perfetto", sia
ABBA o
Beach Boys, al quale i Saint Etienne si presentano in chiusura del disco con l'ottima "Haunted Jukebox".
I brani migliori pure non si fanno attendere: primo fra tutti "Answer Song", una luccicante folata di synth freschi come vento d'estate preso in viso mentre si corre tra le strade di campagna su un vespino 50, seguito a ruota dalla pacata "I Threw It All Away", una delizia di folk semi-acustico come non si sentiva dai tempi di "Tiger Bay" (1994). Molto riuscita anche l'introversa "Last Days Of Disco", pezzo decisamente più
chill-out che disco, dove l'impalpabile luccichìo di produzione elettrica rarefatta-il-giusto ne fa un pezzo che non sarebbe sfigurato su "Sound Of Water", la loro bellissima - e troppo poco conosciuta - svolta elettronica con la quale nel 2000 salutarono il nuovo millennio.
C'è poi un'innocenza tutta senile nel modo in cui i 3 si ri-appropriano del
dancefloor tramite pezzi come "I've Got Your Music" e "Dj", piccole istanze che ci riportano - non senza ironia - a certi episodi dance di fine 90/inizi anni 00.
Insomma, i Saint Etienne continuano a fare i Saint Etienne, guardandosi indietro con nostalgia e andando a rispolverare le influenze del cuore - un disco come "Words And Music By Saint Etienne" sembra escogitato apposta per catalogarle tutte. Resta alla band il titolo
ad honorem di paladini di quello strano calderone chiamato
alternative-dance, e forse è meglio tenerceli così, romantici, ironici e sempre in bilico tra l'introspezione dell'anima e le dolcezze del pop da classifica. Se in questa dolce transizione tra primavera ed estate sentite voglia di ascoltare qualcosa di fresco, spensierato e intriso di classe sopraffina, "Words And Music By Saint Etienne" è sicuramente il disco per voi.
28/05/2012