Eterni inossidabili dell'alt-prog, dopo la reunion del 2005 i Van Der Graaf Generator hanno ripreso a sfornare con costanza e rinnovata ispirazione lavori in studio di grandissima qualità, su tutti il meraviglioso "Present" che segnò il loro ritorno sulle scene a quasi trent'anni da "The Quiet Zone/The Pleasure Dome", e l'ottimo "A Grounding In Numbers" di due anni fa. Album, questi, legati fin troppo strettamente a un'evoluzione e a un rinnovamento del loro sound storico, quello che già nell'epopea dei 70 partiva con l'intenzione di distaccarsi nettamente dalle atmosfere di gran parte dei contemporanei, di suonare "alternativo". "ALT", dodicesimo parto in studio del gruppo, porta con sé una rivoluzione totale nelle sonorità e il tentativo di cambiare pelle e mostrare, come dichiarato dallo stesso Hammill, un lato inedito e "nuovo" della band.
Il ripudio del progressive è quindi pressoché totale, e il nuovo, annunciato lato inedito vede Hammill e soci flirtare con l'improvvisazione e tentare di cavalcare un rock d'avanguardia, con tanto di concessioni al rumore puro, ma con l'unico risultato della perdita totale della loro personalità in cambio di una veste che poco si addice loro. Il tentativo assomiglia non poco a quello dei King Crimson con i loro "ProjeKct", ma i risultati, a differenza di quelli raggiunti da Fripp e compagni, sono tutto fuorché notevoli.
Così, i quattordici brani di cui il disco si compone, equamente divisi fra brevi frammenti e lunghe cavalcate, si arenano in gran parte fra echi canterburyani, dissonanze e riverberi noise totalmente privi d'impatto emotivo e spunti che non siano già stati cavalcati ovunque. Perciò per trovare conforto è necessario rifugiarsi in quegli episodi che paiono tornare, per un attimo, ai tempi che furono: "Extratctus", con il suo lento e lieve drumming e la melodia soffusa, la spensierata e quasi giocosa "Midnite Or So" per batteria e organo Hammond, e soprattutto "Splendid", l'unico vero brano prog e di gran lunga la migliore del lotto. E se passaggi a vuoto come gli iniziali quattro minuti di cinguettii di un volatile in "Earlybird" e i sette di finta ambient di "Repeat After Me" risultano più inutili che dannosi, ci pensano i picchi d'ambizione a compromettere del tutto la (già non eccelsa) qualità dell'album: il jazz dissonante di "Elsewhere", i droni levigati e sconnessi di "Here's One I Made Earlier", l'apocalittico caos sublunare di "D'Accord", l'inascoltabile susseguirsi di feedback e ronzii di "Mackerel Ate Them" e, soprattutto, i dieci interminabili minuti della conclusiva "Dronus", che vorrebbe essere l'"Interstellar Overdrive" del nuovo millennio pur senza possedere la benché minima potenza evocativa.
Quello nell'avanguardia non è certo un viaggio senza precedenti nei trascorsi della band e, soprattutto, di Hammill: a riguardo basti pensare al sublime "Consequences" uscito neanche tre mesi fa, dove però il Nostro riusciva a miscelare al meglio velleità sperimentali, poetica visionaria e ricerca estetica, al pari del David Sylvian di "Blemish". E se gente come i Flying Luttenbachers o i Gang Gang Dance ha fatto della ricerca della ricerca sull'avant-rock una ragione di carriera, i loro intenti hanno sempre saputo essere calibrati concettualmente in maniera tale da raggiungere determinati risultati, e le loro esplorazioni sono sempre state avviate seguendo una rotta precisa, se non addirittura con già una meta prefissata.
Ed è proprio questo, ciò che manca ad "ALT": una strada, una destinazione, ma ancor più semplicemente una chiarezza d'intenti. Quel che vi troviamo dentro è invece musica fatta quasi "per fare", per mostrare al mondo che, dopo trent'anni di onorata carriera legata a un movimento e a un genere, si possa ancora rivoluzionare la propria strada e il proprio sound. Il che potrebbe pure essere vero, non fosse che una rivoluzione senza idee perde di senso in principio, specie se cerca di immergersi in un ambito, quello dell'avantgarde, in cui il concetto è l'elemento principe. Ed è proprio per questo, per la sua totale assenza di concretezza, che avremmo preferito che questo lato inedito dei Van Der Graaf Generator fosse rimasto tale.
09/07/2012