Van Der Graaf Generator - A Grounding In Numbers

2011 (Esoteric / Cherry Red)
progressive

Forma è/o (no) sostanza? Dopo un album dal vivo slabbrato come "Live At The Paradiso", i Van Der Graaf Generator ritornano con il loro migliore disco dopo la reunion del 2005. Eppure, chi ama il nuovo stia pure lontano da "A Grounding In Numbers" e si rivolga agli ultimi due album solisti di Hammill: questo è un gran bel disco ma tanto nel suono che nella sostanza non ha alcuna urgenza di contemporaneità, se non nel dono della sintesi e nella felice varietà di temi proposti. L'album nella sua interezza suona come una versione condensata di buona parte del repertorio della band e della produzione del leader, che poi qui tanto leader non è, perché il disco, per la prima volta - ed è questa forse l'unica novità sostanziale di "A Grounding in Numbers" assieme alle articolatissime ritmiche - è stato scritto ed arrangiato a sei mani. La forma ne giova e tutto sommato anche il contenuto che viene rinvigorito negli arrangiamenti, da un'energica sferzata di "Good Vibrations" a sfavore delle atmosfere più cupe che hanno fatto la storia della band. Non c'è un solo episodio che abbia le stimmate del classico autentico, eppure il livello di scrittura ed esecuzione è elevato e compatto quanto la produzione, che vede al mixing Hugh Padgham.

Il disco si apre con i fraseggi d'organo di Banton, seguiti dal cantato di Hammill che si libera in una ispirata romanza a cui l'autore ci ha abituato tanto nella produzione del gruppo madre che nei dischi solisti. Siamo dalle parti di "Undone" che luce aveva dato a "Thin Air". Quello che cambia è la tavolozza, qui più ricca e fluida nell'esecuzione, meno naif e creativa ma più misurata e capace di dare un senso di permanenza alle tracce. La produzione aiuta notevolmente. Assolutamente bilanciata, riesce a dare profondità al suono di una band che in trio sembra un'orchestra. La leggerezza di alcune soluzioni armoniche, le aperture di "Mathematics" ad esempio, ci portano indietro persino a "Fool's Mate" di Hammill, nonostante il timbro baritonale del leader della band ben poco abbia a che spartire qui con le frequenze da tenore leggero agile e timbricamente duttilissimo degli anni 70.

"Highly Strung" ha un incedere iniziale turbolento che sembra uscire direttamente da "Nadir's Big Chance", per poi risolvere in un brano dalla strofa in tempi dispari e aprire in un ritornello linearissimo, praticamente Aor. Buono il contributo chitarristico di Hammill, che trova un timbro caldo. Come detto, i brani si distinguono per una profonda divergenza d'atmosfera, lo strumentale "Red Baron" apre a un suono ambient insidioso, che riporta a "Sonix" e a "Spur Of The Moment", non a caso il contributo di Evans alla batteria sul loop di chitarra è la soluzione più interessante del pezzo. "Bunsho" è una ballata per chitarra elettrica dalla struttura variegata e nervosa, in realtà non molto diversa nel primo incedere dagli episodi di "Clutch", non fosse che le contorsioni del pezzo rimandano direttamente al primo repertorio della band. Un connubio intrigante per il brano fin qui più bello.
"Snake Oil" si muove su tempi dispari e riporta indietro ancora una volta a "Fool's Mate". A fare la differenza, il lavoro di Evans alla batteria, davvero eccellente sull'intero disco, è lui il motore de "le fondamenta numeriche" di questo disco. Il pezzo si prepara da un momento all'altro a continue variazioni dal sapore progressive, su riff ossessivi e psicotropi, dissonanze e aperture che sono il tratto distintivo della band. Il condensato di una suite in poco più di cinque minuti, incredibile quanto un po' autoindulgente e privo del naturale senso di dramma che ha caratterizzato le pagine migliori della band a favore di una brillantezza più pragmatica.

Ancora uno strumentale, "Splink", riporta indietro a sonorità acide, con grazia d'ispirazione. Da uno slide ci si dirige lenti verso una danse macabre che introduce il tema che sarà di "Medusa", con sovraincisioni isteriche figlie della psichedelia barrettiana condotta al teatro degli orrori che il trio ha saputo delineare come nessuno nei primi anni 70. "Embarassing Kid" si appoggia a un riff di chitarra non proprio memorabile per snodarsi ancora una volta in contorsioni ritmiche che in questo caso sembrano rimandare all'urgenza wave del K Group di "Enter K" e "Patience".
"Medusa" è un brano eccellente, la melodia da subito introduce all'anima ossianica, gotica dell'Hammill più ispirato, qui sostenuto da un arrangiamento superlativo, in appena due minuti, i migliori Van Der Graaf, non è un caso che questo sia il pezzo del disco che più riesce a risultare al passo coi tempi. Con la bella "Mr. Sands", ritorna l'organo movimentato del Banton di "Godbluff", qui sostenuto anche da un mellotron, per un brano nella migliore tradizione prog. Agili e jazzy come non mai, i VDGG suonano in questa traccia molto vicini alla lezione canterburiana. Il finale pirotecnico, le modulazioni armoniche continue non incontrano tra questi solchi alcun senso di pesantezza.

"Smoke" torna alla leggerezza del primo album di Hammill quanto a "Nadir's". Fa quasi senso quanto la banalità del riff di partenza non solo non annoi, ma possa persino suonare intelligente dopo qualche secondo e farci capire da dove abbia mosso i suoi passi il Bowie di "Lodger". "5533" trova in articolazioni ritmiche parossistiche una cifra stilistica non particolarmente convincente. Conclude questo disco di una freschezza disarmante per una band così poco giovane "All Over The Place", brano che raccoglie in sé tutte le caratteristiche dell'album. La frammentazione ritmica, l'agilità delle soluzioni armoniche, aperture melodrammatiche con intrecci vocali (qui davvero superlativi) che trascinano in un densissimo magma nero, arrangiamenti variegati e curatissimi. La coda che conduce al finale è da pelle d'oca.
Un lavoro corale, cesellato con grande maestria, fatto di strutture elaborate geometricamente ad arte e in qualche caso, anche gonfie di emozione. Tracce che possiedono il dono della sintesi quanto della costruzione impervia eppure, solo per chi ama il progressive rock.

14/03/2011

Tracklist

  1. Your Time Starts Now
  2. Mathematics
  3. Highly Strung
  4. Red Baron
  5. Bunsho
  6. Snake Oil
  7. Splink
  8. Embarassing Kid
  9. Medusa
  10. Mr. Sands
  11. Smoke
  12. 5533
  13. All Over The Place

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