Dopo un “Poweri” di transizione, la brigata degli Amari perde un altro componente (Berto, a sua volta succeduto a Marcopiano) e confeziona cocciutamente “Kilometri”, una collezione di umili canzoncine pensierose.
Il nuovo corso è al meglio rappresentato dallo stornello vaudeville alla Tiromancino di “Aspettare, aspetterò” e dal cristallino refrain strumentale che accompagna il motivetto alla Perturbazione di “Africa”. Non meno significative, in questo senso, sono l’affabile sburra sentimentale in “Il tempo più importante” e l’anelito quasi corale della title track. L’aggiornamento al synth-pop “social” di Cani e Stato Sociale in “Ti ci voleva la guerra” sfigura invece per eccessiva rilassatezza.
Ci sono poche notevoli eccezioni, che per inciso li riportano alle pimpanti origini digital-rap e con cui si scrollano di dosso il tono da chierichetti: “La ballata del bicchiere mezzo vuoto”, per quanto sempre con una malcelata aura sanremese diffusa, e soprattutto l’autoanalisi a tempo di techno di “A questo punto”.
Il disco meno roboante in assoluto per i friulani - ormai ridotti all’osso del trio di base (Pasta, Dariella e Cero) - maturo e adulto nel senso dell’età anagrafica e dei conseguenti testi, protagonisti incontrastati, il loro più malinconico, e il più breve dei nove albi. Non suonasse come un passeggero alito di vento sarebbe anche controcorrente. Triviale, ma non scalcagnato.
(31/01/2013)