Con "Turisti della democrazia", questi cinque allegri "ragazzuoli" superano ogni steccato, lasciando a casa tutti i compromessi con l'industria discografica pseudo-underground, ma soprattutto con tutta la ciurma indie rimasta per troppo tempo stesa al sole come aspiranti veline sul primo yacht per Punta Lada. Nel primo long playing dei bolognesi si liberano in alto undici filastrocche pungenti e inafferrabili come un'ape impazzita e ormai troppo lontana dal proprio alveare. È dunque subito drum machine sugli scudi in "Abbiamo vinto la guerra", seguita dall'elettro-pop tagliato male di "Mi sono rotto il cazzo", (s)confessione sincera eretta a status symbol interiore di una gioventù stanca di questa società moderna (?) che trasuda ipocrisia da ogni poro, nascondendosi come una capra impaurita nel fin troppo comodo qualunquismo dell'etere. E se il piglio britpopparo - quello giusto - di "Vado al mare" scade forse alla distanza, ci pensa "Sono così indie" a riprendere le fila del discorso, declinando tutti i luoghi comuni del microcosmo - ma nemmeno più tanto micro - indipendente.
I deliziosi tre minuti freno a mano tirato di "Maiale", intrisi di tepori chilly, segnano la svolta dell'album. Da qui si infila una tripletta fenomenale: "Ladro di cuori col bruco" indovina tutto. Parte con cassa decisa in 4/4, voce in recitato decisa e suadente, e in un climax continuo si consuma una scia eurodance che ti riporta indietro di quindici anni, prima che "Amore ai tempi dell'Ikea" getti le basi per il momento romantico del disco, in un intreccio di profluvi d'amore tra scuola Morr Music e il Canada. "Quello che le donne dicono" sembra "Nord Sud Ovest Est" degli 883 con dentro Perturbazione e la Lambada. La già cliccatissima "Pop" e l'elettro-mestizia di "Seggiovia sull'oceano" chiudono l'album alla stregua di un clown in preda a un delirio di sapienza.
Buon Souvenir.
(28/01/2012)