"Like anything that's worth anything, some things just take time. And if you can accept that it makes living a whole lot easier.”
Jim Guthrie
Forse uno dei meno conosciuti “geni” della musica canadese e non, anche per il suo essere compositore e musicista prima che cantautore, Jim Guthrie è stato abbastanza nerd da lasciar trascorrere dieci anni dal suo ultimo, eccellente “Now, More Than Ever” tra collaborazioni con varie band, tra le quali gli Islands, e, soprattutto, con un’eccentrica attività di compositore di colonne sonore per videogiochi hipster (e film).
La materia del pop orchestrale non è cosa che, oggi come in ogni tempo, sia stata maneggiata da molti (con successo, in particolare): Jim Guthrie rappresenta una di queste rare eccezioni e in questo ultimo “Takes Time” mette a frutto questi dieci anni svariando da vero fantasista tra sensazioni e generi.
Stralunate filastrocche, come la psichedelica “The Sound Of Wanting More”, che pare un riarrangiamento fiabesco di un brano dei Galaxie 500, o gli Uniform Motion di “Bring On The Night”, o il racconto folk di “Like A Lake”, si alternano così a più epiche dimostrazioni d’estro come la movimentata “Don’t Be Torn”, con tanto di coro puerile e altri sprazzi alla Pink Floyd, e raffinatezze da musicista “di livello” come la suadente ballata country di “Never Poor” (come se Jonathan Wilson lavorasse con la Band Of Horses).
Le dimostrazioni di personalità e di ispirazione pop continuano per tutto “Takes Time”: le folate esistenziali di violino di “Wish I Were You”, in cui Guthrie raggiunge la sensibilità melodica, la leggerezza drammatica di un Villagers di primo pelo, oppure il groove Midlake-iano del country-pop di “Difference A Day Makes”.
In questo mescolarsi di impressioni, Guthrie mantiene comunque una coerenza sonora impeccabile, una misura necessaria a rendere digeribile un disco che fa pieno uso di tutte le possibilità musicali nel suo raggio d’azione.
22/05/2013