L’ostinazione e la perseveranza sono sempre utili per ottenere buoni risultati: se a ciò si accompagna una naturale attitudine alla musica e al suo fascino più arcaico, quello che può sbocciare è un fiore dall’intenso profumo.
Mavis Staples è uno degli esempi più vividi di continuità artistica che mette in fila soul, country e blues, arrivando a raccogliere consensi e riconoscimenti sempre più autorevoli; non solo l’interesse di personaggi come Ry Cooder, ma anche un Grammy ottenuto dal precedente album “You Are Not Alone” hanno rimesso in pista la voce che cantava Dylan e collaborava con Prince, Curtis Mayfield e Alan Sparkhawk.
Jeff Tweedy ha tirato fuori dal cilindro una serie di canzoni perfette per rinnovare il fascino del precedente album, confidando nell’indole avventurosa della Staples, la cui voce si emoziona per piccoli nuovi classici folk-blues, come la splendida “Holy Ghost” (già ascoltata nell’ultimo album dei Low, “The Invisibile Way”). Il termine gospel per Mavis assume il significato di chiave di lettura più che una struttura musicale rigida e atrocemente purista: Tweedy non è quindi solo il produttore e il mentore del nuovo corso musicale della cantante, ma anche il musicista capace di suonare tutti gli strumenti senza perdere il controllo dell’intero progetto.
I suoni sono discreti e ricchi di suggestioni, andando a comporre arrangiamenti che lasciano spazio al respiro e all’intenso potere comunicativo della voce di Mavis. Meno impetuoso e viscerale del precedente album, “One True Vine” esplora i margini della preghiera e della speranza con una maturità e una saggezza spirituale ammalianti. Senza alcun dubbio l’episodio più inconsueto è la rilettura folk di “Can You Get to That” dei Funkadelic, che l’artista ha voluto nel suo repertorio nonostante alcune reticenze del produttore: il tono più dimesso della cover-version non tradisce l’anima ribelle del brano, così come non viene meno la giocosità originale.
Come in “The Invisible Way” dei Low, Jeff Tweedy si dimostra un produttore sempre più abile nell’estrarre da pochi elementi una complessità emotiva straordinaria, basti pensare che la title track era una b-side dei Wilco inclusa nella limited edition di “Sky Blue Sky” e non viene in mente una chiusura migliore per questo progetto.
Il tono più discreto e riflessivo di “One True Vine” non nuoce all’energia e al potere viscerale della Staples: la sequenza killer che anima il centro gravitazionale dell’album è perfetta: si comincia con l’irresistibile uptempo di “Jesus Wept”, per poi essere trascinati dal beat irresistibile di “Far Celestial Shore” di Nick Lowe (che nonostante il trattamento lo-fi conserva il suo spirito rock’n’roll ), fino a trovare tregua nel gospel di "What Are They Doing in Heaven Today" e "Sow Good Seeds".
Ed è proprio questa la chiave di lettura del nuovo lavoro di Mavis Staples, ovvero una vibrazione gospel che infetta qualsiasi fonte sonora venga assorbita dall’album, un vortice che trascina gli elementi verso una spiritualità che sfugge alle convenzioni mainstream: ogni palpito di “One True Vine” è attraversato da un'onestà artistica encomiabile.
04/10/2013