La prima creatura di Moskitoo risale all'ormai ben lontano 2007, anno in cui il caleidoscopio “Drake” aveva aperto una finestrella su un universo glitch delicato e propenso al pop, contaminato in maniera decisiva da quell'elettronica melodica e frammentata che tanto ha preso piede in Giappone. Se quel lavoro era stato lo spiraglio terreno, “Mitosis” è l'astrazione, il passaggio oltre, lo spioncino che si fa porta spalancata. Decisamente più coraggioso, meno accessibile e più quieto del suo predecessore, è un miscuglio in cui finiscono quel che resta delle disfuzioni passate – coerenti a quel processo che sta trasformando in sculture ambientali tutte o quasi le coordinate del glitch – granuli elettronici in incontro-scontro, filamenti acustici e le paradisiache vocals di Yamasaki, in un tutt'uno che continua a portare con sé gli echi più docili e delicati della tradizione sperimentale del Sol Levante.
Il carillon su vibrante base abstract di “Wonder Particle” apre le danze riadattando le retrovisioni pop del passato in un universo intangibile, seguito a ruota nella missione dal groviglio sognante a ritmi spezzati di “Mint Mitosis” dalle dolci neuro-ballad per arpa, metallofoni e spilli digitali di “Night Hike” e “Fragments Of Journey”. In tal senso, la sola e velocissima “Who Lives In The Skin Burn?” fa eccezione, rilanciandosi un'ultima volta nei ritmi sincopati e accomodanti di “Drake”.
Alcuni veloci acquerelli separano i corpi principali fra di loro, suggellando e sintetizzando al tempo stesso la ricerca sonora dell'album: la poetica campionata di “Trajectory”, le evanescenze astrali à-la-Anja Garbarek di “Taxonomy”, la divagazione pianistica di “Fungi” e le taglienti alterazioni di “Vulpecula” sono così le vette più ardue da scalare. Al contrario, laddove tempi e spazi si dilatano l'estetica lascia spazio alla natura poetica: accade nei rintocchi gracili di “Micro Porta”, nella dolce culla microsonora di “Fluctuations” e nelle field recordings deviate su binari ambientali della conclusiva “Astra”.
Con “Mitosis” l'arte di Moskitoo giunge a un nuovo importante traguardo, abbandonando definitivamente ogni forma d'umanità in un autentico processo di sublimazione. A sorprendere quanto e più di prima è l'alchimia perfetta che la giapponese riesce a creare fra ogni particella infinitesimale dei suoi suoni, facendo convivere con armonia germogli glitch ridotti in stato embrionale con strutture complesse e levigate. La cura del dettaglio, già evidente in passato, diventa qui caratteristica prima e irrinunciabile, quasi a voler seguire quello che negli anni è diventato il tratto somatico per eccellenza del catalogo 12k. Che nel frattempo, è doveroso sottolinearlo, continua a non sbagliare un colpo.
(16/09/2013)