“Empty Estate” testimonia, intanto, il progressivo “ripulimento” del suono Wild Nothing, già a uno stadio piuttosto avanzato in “Nocturne”; poi, il quasi abbandono dell’etereo jangle-pop degli esordi, a cominciare dagli effetti vocali, in favore di sognanti suggestioni sintetiche (“Ride”), impreviste digressioni power-pop (“Your Body In Rainfall”), dell’ambient di “Hachiko”, derivato da lunghi ascolti di Brian Eno e più marcate sonorità wave (“Data World”, “Ocean Repeating (Big-Eyed Girl)”, “Dancing Shell”).
Più che in passato, sembra assottigliarsi il confine tra componente dreamy e più concretamente psichedelica (la lunga processione ectoplasmica di “On Guyot”). Insomma, il talento musicale di Tatum gli permette certamente di navigare piuttosto in alto rispetto a diversi altri contemporanei – è da vedere se sarà abbastanza per fare un solco nella memoria collettiva.
(15/05/2013)