Quanto e più di quanto accade con altri nomi nel panorama dell'elettronica sperimentale, stare dietro alle uscite di Celer è un'impresa radente l'impossibile. Sin da quando al fianco di Will Long c'era anche la compagna di vita e d'arte Danielle Baquet – tragicamente scomparsa cinque anni fa – l'impressionante media di cinque-sei lavori inediti l'anno ha impedito di fatto a chiunque di tirare le fila del discorso sonoro di un progetto che ha esplorato l'universo ambient da una miriade di prospettive diverse per quanto affini. E se il buongiorno si vede dal mattino, questo 2014 pare essere iniziato già nell'ottica della saturazione creativa, con la bellezza di due dischi nei primi due mesi.
Proprio per quanto anticipato in partenza, dare una valutazione a un disco a firma Celer che sia appropriata e passi attraverso la necessaria collocazione dell'opera all'interno del suo percorso risulta missione ancor più ardua da compiere di quanto non sia tenere a mente l'ingente mole della sua produzione. Le certezze sul conto di Will Long sono in ogni caso due: la prima è che pochi suoi contemporanei (e non) sono riusciti a interpretare i tratti figurativi del verbo ambientale in una maniera ammaliante e cristallina come la sua; la seconda è che l'esuberanza creativa, oltre a essere una caratteristica prima, è sempre stato anche il suo vero, unico e (apparentemente) invalicabile limite.
“Zig Zag”, il prodotto più recente della sua (tutto fuorché) infinita creatività, ne è oggi un emblema significativo. Una lunga composizione di quasi cinquanta minuti costruita sulle più classiche coordinate sonore del marchio Celer: delicatezza, basso volume e tinte tenui. Ma stavolta non c'è il gelo polare di “Without Retrospect, The Morning” a ibernare in una sorta di sublime grafite, né il mare placido e riflettente di “Capri” a fungere da infinita riserva di contemplazione. Stavolta a mancare sono proprio le immagini: al loro posto, un drone circolare che torna su sé stesso in quella che è semmai un'auto-contemplazione, impegnato nel perenne tentativo di (auto)riprodursi in ogni possibile sfumatura.
Non si va, insomma, oltre il puro mestiere, svolto peraltro senza nemmeno una particolare dose di personalità, limitandosi a un calco sbiadito del Marsen Jules meno ispirato. Due anni fa avevamo lodato senza mezzi termini le doti di quello che resta uno dei fuoriclasse della stagione ambientale proliferata verso la metà del decennio Dieci. Parole in cui crediamo ancor oggi ma che il buon Will Long sembra ogni tanto morir dalla voglia di smentire, dando alle stampe forme perfette prive di una sostanza creativa che in nessun artista potrebbe essere mai sufficiente a far fronte a decine di dischi in dodici mesi. L'acuto a firma Celer di questo 2014 ha in ogni caso ancora da venire, e noi saremo qui ad aspettarlo con la fiducia che altrove ha ampiamente dimostrato di meritare.
04/03/2014