In “Old Wounds” lo ascoltiamo, dunque, imbastire un affresco per nebulose galattiche, bordoni minacciosi e improvvise distese di calma apparente, equilibrando il clarinetto tra ghirigori brucianti e pennellate contemplative. “Deep Cuts”, invece, accentua il versante timbrico della sua ricerca, estorcendo allo strumento un po’ di tutto, dai suoni granulari a quelli pseudo-acquatici, dalle scie metalliche a quelle siderali, in tutto questo, ovviamente, aiutato dal filtro dell’elettronica, che altera anche le dinamiche, aggiungendo altre dosi di fascino all’operazione.
Per la conclusiva “Family Of Origin”, infine, tornano utili i paralleli con i dischi solisti di Anthony Braxton, un sicuro punto di riferimento per questi sette minuti di scandagli psichici, sulle tracce di note che sembrano vacillare nel vuoto e nel buio come la fiamma di una candela smorzata da una leggera brezza.
(12/03/2014)