Jon Hopkins

Asleep Versions

2014 (Domino)
dream-tronica, ambient-pop

Chissà quanti di quelli che l'anno scorso osannarono (giustamente) “Immunity” ricordano quel giovane sconosciuto che nel 2001 se ne uscì con un disco oggi da quasi tutti (meno giustamente) dimenticato, e che oggi fa da produttore alle cose migliori dei Coldplay. Il recente sold out alla Royal Festival Hall (!) non è che l'ultimo tassello di un dato di fatto sempre più evidente. Vale a dire che parlare oggi di Jon Hopkins non è più (solo) parlare di uno dei fari meno facili da etichettare del panorama elettronico attuale, bensì di un musicista (e guai a chi parli di producer) che ha fatto da ponte tra quest'ultimo e le masse. E, soprattutto, che lo ha fatto senza scendere a compromessi.

Tutto questo per dire che “Asleep Versions” altro non è se non la naturale, logica conseguenza di un tale exploit: un Ep di remix (!) che da due settimane occupa una posizione nella top 20 dei download europei: roba da non crederci. A fronte, peraltro, di un contenuto musicale di nuovo tutto meno che “facile”. Dopo le complesse costruzioni ritmiche di “Immunity”, quattro brani di quel disco sono qui rivisitati in chiave notturna, bucolica e, cosa più importante, impreziositi dalla guida del pianoforte. Sul new take della title track torna King Creosote in un'ideale prosecuzione acustica dei sogni fatati di “Diamond Mine” (molto più lì che dalle parti del cameo originario), trasformando l'immersione dell'originale in un notturno al chiaro di luna capace di far accapponare la pelle per ore.

Qui si va oltre l'elettronica in senso stretto, siamo al cuore di un eclettismo mai davvero palesatosi a fondo benché suggerito in più occasioni. Cuore che pulsa lento su “Form By Firelight” come quello dell'Andy Stott più ipnotico, facendo però da tappeto per i sogni lucidi di Raphaelle Standell. Su “Breathe This Air” le stelle, in forma di scorie elettroniche, si rivelano progressivamente fino a sovrastare il pianoforte: è la notte che cala lentamente, poi avvolge e stringe sempre più forte.
Nell'estasi della prima metà di “Open Eye Signal” – di nuovo sconvolta fino alle radici più profonde – l'abbraccio si condensa in un mix di calore ed energia che pesca qualcosa dalla sacralità dell'ultimo Tim Hecker, pronto a spegnersi lentamente con il risorgere delle prime luci dell'alba.

Fuori da ogni schema, da ogni definizione, da ogni compartimento, oggi più che mai. Forse il riflettore meno forte, meno abbagliante che sia mai stato puntato sulla musica di Jon Hopkins, eppure indubbiamente il più intenso e il più efficace nel mettere in risalto la vastità del suo spettro sonoro e il suo aver spinto al limite pop l'elettronica colta, di classe. Ora resta solo da vedere se sarà questa la direzione sonora futura: nel caso lo fosse, avremmo di che gioire.

27/11/2014

Tracklist

  1. Immunity (with King Creosote)
  2. From By Firelight (with Raphaelle Standell)
  3. Breathe This Air (Asleep Version)
  4. Open Eye Signal (Asleep Version)

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