La scena neo-psichedelica e garage-punk italiana non ha mai brillato per particolare inventiva. I nomi da ricordare si contano sulle dita di una mano: No Strange, Peter Sellers & The Hollywood Party, Not Moving, Starfuckers, Effervescent Elephants e Steeplejack. Il doom sperimentale di Paul Chain, invece, fa storia a parte. Tutti gli altri (qualche decina di band), al contrario, si sono adagiati su un semplice mestiere di riscrittura delle pagine del rock psichedelico degli anni Sessanta, senza apportare alcuna variante un minimo personale. Non ci si meraviglia che di tutta questa gente si sia persa oggi ogni traccia. Nel migliore dei casi (per esempio, gli Starfuckers) ci si è subito indirizzati verso un genere musicale assai più sperimentale e assolutamente non calligrafico, mentre altrove si è continuato a produrre dischi di derivazione psichedelica e acid-rock, però aggiornati ai tempi, rendendo così il tutto scevro da ogni parvenza "retrò".
Gli Steeplejack furono formati a Pisa dal cantante e chitarrista Maurizio Curadi, che era appena uscito dalla primissima formazione di un altro storico gruppo neo-psichedelico, i Birdmen Of Alkatraz. L'acerbo mini-Lp "Serena Maboose" (Electric Eye 1987) mise in luce la buona volontà di Curadi e compagni di suonare del sano e robusto acid-rock, non ancora ben focalizzato e prodotto alla bene e meglio da Claudio Sorge. Il successivo "Pow Wow" (Electric Eye 1988), invece, fu salutato un po' da tutti come un piccolo miracolo del rock indipendente italiano. Da allora, però, degli Steeplejack si persero quasi le tracce, fino a quando il distributore romano Goodfellas non ha ritirato fuori dai cassetti dei loro vecchi demo e scarti vari, pubblicati nella doppia antologia "No-one's Land" (Spit/Fire 2011), che comprende anche i due dischi su Electric Eye.
E' quindi con piacere che ritroviamo il gruppo (ora ridotto a terzetto) con addirittura un doppio album edito in vinile e con una tiratura di soli 400 esemplari. La bella copertina che lo racchiude ricorda vagamente quella di "Vision Creation Newsun" (Birdman 2000) dei Boredoms
Curadi è maturato sia come cantante che come chitarrista e polistrumentista. Le ingenuità degli esordi sono ora solo un lontano ricordo. Magari nuoce al disco l'eccessiva lunghezza (ben 78 minuti!), ma i pezzi vincenti dell'album sono tutti ben meditati. Tra i solchi delle quattro facciate rivivono gli spiriti dei Red Crayola ("The Matter Of Dreams", uscito due anni fa come singolo), di Syd Barrett ("Longitudes And Latitudes"), di Leo Kottke (la scorribanda acustica a rotta di collo "Wild Oat and Stones"), del folk-revival inglese ("Ladybird") e persino di Julian Cope ("There Was A Time").
Lo stile degli esordi fa invece capolino negli acidi fuzz di chitarra di "A Story From The Wright Bros", nell'indemoniato bluegrass "Satisfied" e nelle più rilassate "Song For The Last Level Crossing" e "All The Time All The Time All The Time", memori dei Quicksilver Messenger Service.
La parte del leone, però, spetta alla chilometrica "Knight Errant" (riff iniziale di chitarra rubato a "You Don't Know" dei 13th Floor Elevators per poi sfociare in una onirica jam lisergica) e alla sterminata "Dam", in cui confluiscono musica improvvisata, raga indiani, psichedelia liquida, esperimenti con nastri, echi dei Love. Anche la brevissima title track non è da meno, in quanto a bizzarria.
Nel disco trova spazio pure una bella cover di "Kandy Korn" di Captain Beefheart, inserita apposta come loro omaggio alla memoria di un grande genio del rock come Don Van Vliet. Non ce ne lamentiamo.
23/11/2014