St. Ride

Fuori

2014 (Niente Records)
experimental

Sia detto: se qualche amico straniero mi chiedesse di indicargli alcune delle band più interessanti e originali del panorama italiano dei nostri giorni, non ci penserei su due volte prima di pronunciare, tra gli altri, il nome St. Ride. Un duo sempre lontano dai riflettori, anche da quelli più smorzati dell’underground meno nascosto. Un duo ostinatamente contro, che continua a declinare il suo alieno verbo sonoro.

Ai St. Ride non frega un cazzo di quello che gira intorno (“non mi importa niente di regalare i fiori, di scrivere canzoni, non mi importa niente della figa”, afferma en passant Maurizio Gusmerini nell’iniziale e programmatica “Non mi importa niente”) e con questo doppio lasciano crescere l’ambizione, facendo leva su un primo disco in cui – sono parole loro - “il senso del comico è ricavato tramite l'esasperazione del tragico” e un secondo in cui, invece, si liberano dalla “tirannia di un significato chiaro e didascalico, lasciando più spazio, all'ascolto, ai silenzi e ai cambi di percorso”.
Come potrebbe la loro musica, visti i tempi che corrono, non continuare a essere ottusa, sghemba e perversamente spigolosa, come una no-wave aggiornata all’era del trionfo digitale, perfetto contraltare per liriche declamate con distacco gelido e austero (“son le puttane le donne migliori” - citando il Francesco Currà di "Rapsodia meccanica"; “vorrei morire solo di sifilide” e via di questo passo)? Le macchine rilasciano allucinazioni magnetiche (“Lavorare mai più”, “L'altra dimensione”), tempeste sintetiche avvolgono ipotesi di folktronica post-atomica (“Bianco”), corpi Ebm picchiano e delirano (“Arrivo”) e altrove (vedi “Galleggiare”) i due potrebbero far pensare a dei Massimo Volume guidati da un Giovanni Lindo Ferretti sull’orlo del precipizio, per fronteggiare con lo sguardo un tramonto di benzene.
Come definire, poi, “Quasi mai”? Una ballata cibernetica?

Con il secondo disco, questa perlustrazione sonica del malessere, in qualunque forma lo si voglia immaginare, diventa ancora più radicale. Un malessere che in “Guarda crescere la pianta” ripesca direttamente dall’inquietudine tecnologica di Laurie Anderson, preludendo alla smaterializzazione, tra l’ambient-drone a volteggiare su gelidi scenari post-industriali di “Occhi a losanga e solo 4 paesaggi”, le fluttuazioni amorfe con graffi chitarristici (se ne occupa l’ospite Andrea Ics Ferraris) di “Andrà tutto bene”, una sonata pianistica suonata nel bel mezzo di un’invasione di alieni (“Sei quasi peggio degli umani”) e una “Bandierine” che non disdegna anche qualche tocco di musica tradizionale giapponese.
Dopo le vette di “Cercando Niente” e la vitalità “danneggiata” di “Primitivo”, “Fuori” è un altro lavoro essenziale per entrare dalla porta principale nelle stanze più segrete della strana coppia del rock (?) italiano.

10/05/2014

Tracklist

Cd 1

1. Non mi importa niente
2. Son le puttane la donne migliori
3. Lavorare mai più
4. Galleggiare
5. Bianco
6. Arrivo
7. L'altra dimensione
8. Quasi mai
9. Capìto?

Cd 2

1. Guarda crescere la pianta
2. Occhi a losanga e solo 4 paesaggi
3. Andrà tutto bene
4. Un nuovo tipo di bellezza
5. Sei quasi peggio degli umani
6. Bandierine

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