Con quel “Black Rainbow” (2011) che ha assicurato loro la notorietà nazionale e internazionale, confusamente elettronico, i bresciani Aucan ora sbarellano e perdono di vista il procedimento artistico. Il successivo singolo “A Better Place” (2013) aspira al titolo di campione di rozzezza nel microcosmo soulstep.
E’ peraltro il preludio a “Stelle fisse”, poiché riprende e ripete i medesimi facili elementi: voce filtrata elettronicamente alla maniera di James Blake, passo techno-soul, decerebrata atmosfera lounge (“Disgelo”, “Above Your Head”, e i battiti più vispi, “Friends” e il quasi-rave “Errors”), tutto condito con un’infatuazione per le tastiere analogiche (“Light Sequence”). “Cosmic Dub”, 7 minuti, non fa storia a sé, semplicemente allunga questa zuppa per 7 minuti (l’unico merito è semmai quello di far tacere la voce).
Anticipato da un “Ep 1” (2014) che contiene il meno peggio del periodo, il cattivello hardcore “Riot”, una raccolta di sfondi sonori senza identità e senza massa - forse un’eccezione, la rimodellante “Disto”, unica vera non-canzone con barlumi di emotività -, ordinata, fighetta, reazionaria nel dogmatico rispetto dei dettami della moda alternativa chic. Nuovo cambio di etichetta, primo parto per la londinese Kowloon.
07/11/2015