Messo a segno il piccolo grande exploit di “Neera”, il film che accompagnava il cupo e gracile folk-pop di “Super 8”, i Grimoon di Alberto Stevanato e Solenn Le Marchand registrano ancora “Le Deserteur”, il loro disco più sontuoso, apice tecnico e formale, retto maestosamente dalla produzione di Pall Jenkins (ora al progetto solista Yukon Dreams). Quindi il duo torna a mettere anima e corpo nell’ambito multimediale - da sempre loro piatto forte - con una nuova e ancor più ambiziosa opera filmica che peraltro omaggia il decennale di attività, “Vers la Lune”, terzo Dvd/Cd con il già citato “Super 8/Neera” e il debutto “La Lanterne Magique”.
Come quelli, anche “Vers La Lune” è un accorato sguardo all’arte cinematografica, e in particolare alle avanguardie del primo Novecento, ma svezzato da un crescente profilo professionale che si distanza sempre più dalla qualità amatoriale delle prime produzioni. In altre parole, se il riferimento principale sta fin nel titolo al classico “Voyage Dans La Lune” di Georges Méliès, questo mediometraggio di 42 minuti è un originale riepilogo di tecniche di ripresa, montaggio e post-produzione, che spaziano dallo stop-motion all’animazione classica, dal sand-painting al 3D digitale.
Non ci sono attori in carne e ossa (e forse neanche il sangue e la mitologia di “Neera”), e soprattutto non ci sono dialoghi né parole. La narrazione si svolge tramite efficaci sincronie tra suoni, spazi e personaggi immaginari, analogie tra progressioni mercuriali e una suspense allucinogena, immagini dal fascino creativo e invenzioni di tutto punto. Purtroppo, il finale ecologista e allarmista tende a indebolire un po’ tutto l’impianto.
In confronto a quest’orgia psichedelica audiovisiva, il cd delle canzoni fa la figura di un allegato non così indispensabile, alla stregua di una qualsiasi colonna sonora che abbisogna delle immagini per cui è stata pensata. “The Ocean”, “I Love You” e altre sono cartoline delle ballate acustiche dei loro esordi (ma “A La Derive” possiede un crescendo strumentale degno del post-rock). “Fly Away From You” non riesce ad andare molto oltre una discreta imitazione dei Black Heart Procession (data la presenza di Jenkins in persona, è anzi un’autoimitazione). “Star Dust” e la title track flirtano caparbiamente con la pista da ballo. In generale, la cortina di elettronica analogica, pur ben amalgamata, una volta estrapolata dal film suona come un souvenir di lounge e space-age pop più che un surreale sbuffo d’avanguardia.
I brani senza parole offrono qualche stimolo in più: la progressione gotica per gorgheggi e vibrato elettronici di “Iron Space Bird” esplode in qualche secondo di free-jazz stellare, e “Life Forms” è un incalzante tripudio di tastiere e vocoder.
E’ in ogni caso il loro progetto maggiormente compatto, che mira all’esperienza sensoriale totale, il più riuscito visivamente, con una trama di viaggio che ha candore, spontaneità e canto felice. Più di un anno di lavorazione, 50.000 fotogrammi, chili di materiali. Finalmente, la passione per i dispositivi analogici e la fantascienza vintage del bassista Erik Ursich - già titolare di diverse incisioni sperimentali negli anni 90 con la sua personale Vacca Stracca - è usata a pieno regime. Prima uscita per la Vaggimal dei C+C=Maxigross.
11/02/2015