Ci sono voluti ben quattro anni prima che Jamie Woon rimettesse piede in uno studio di registrazione. Quattro lunghissimi anni in cui il ragazzo è diventato uomo. Difatti, la prima impressione che si ha ascoltando “Making Time”, secondo Lp per il songwriter inglese di orgini cino-malesi e scozzesi, è quella di un musicista incredibilmente maturo e sicuro dei propri mezzi.
Via dunque gran parte della patina elettronica post-dubstep presente nel passato, per dare spazio a una strumentazione più ricca, elegante e concisa. Contrabbasso, bonghi e fiati fungono da contraltare a una formula r’n’b che strizza l'occhio in più di un’occasione alla musica soul più elegante e a certo jazz da camera.
A seguire il buon Jamie in cabina di regia è l’attento producer Alex Dromgoole aka Lexxx, ben noto agli addetti ai lavori per aver già collaborato in passato con Bjork, Madonna, Gwen Stefani e Goldfrapp. “Making Time”, come da titolo, è un album in cui lo scorrere del tempo assume una centralità assoluta nei testi e nelle melodie, spesso avvolte in un coagulo emotivo di profonda nostalgia, tra prese di coscienza più o meno dense di malinconia e omaggi incondizionati ai propri trascorsi, esposti qua e là con la grazia di chi ne apprezza i dettagli e le tante sfumature ritenute meno importanti solo in apparenza, fondamentali nel tracciare l’effettivo ricordo emotivo e un’acquisita consapevolezza del proprio cammino.
Si prenda ad esempio l’introduttiva “Message” (“I have to say that it was all I could do to decide/ When I was with it I was playing ahead of the time/ Made a start and I was walking to weather the storm/ But if you look up and you stop”), musicalmente posta a metà tra Bill Whiters e David Sylvian. Stesso dicasi della flemmatica e oscura “Lament”, che pare uscita da uno dei primi dischi solisti dell’ex-Japan, sia per l’atmosfera dimessa, sia per il peso del contrabbasso posto in prima linea, a rinvigorire quel mood evocativo di mistero e profonda inquietudine.
Le trame ritmiche e acustiche di “Forgiven” confermano ulteriormente la strada intrapresa, mentre l’ospite di turno, il giovane cantautore americano Willy Mason, è semplicemente perfetto nell’interpretare la meditativa ed estatica riflessione temporale di “Celebration”, coadiuvata in coro dallo stesso Woon, che intona il ritornello centrale del brano con parole semplici e che lasciano poco spazio a ulteriori interpretazioni: “Making time on the rhythm/ This one's mine all for giving/ Feeling fine for the living/ Mmm”.
La morbidissima ballad acustica “Little Wonder” riprende la struggente e intensa trama dell’indimenticabile “Waterfront” che chiudeva a meraviglia l’album di esordio, così come l’esotismo obliquo di “Thunder”, arricchito dal cantato conturbato e sfuggente di Woon, evidenzia ancora una volta la cifra stilistica dell’album, la quale, a differenza del suo illustre predecessore, rinuncia in gran parte al sostegno virtuoso dell’elettronica.
“Making Time” è in definitiva un disco suonato con la mente e il cuore di un artigiano del soul che affronta il secondo tempo della propria vita, e della propria carriera artistica, forte di un background strumentale di assoluta garanzia e qualità. Mancano di certo le potenziali hit presenti nell’insuperato “Mirrorwriting” e mancano i guizzi soulstep del primo passato. Tuttavia, resta immutata la grazia melodica e rinvigorita a dovere la sostanza acustica. Un lavoro quindi maturo, che conferma con discreta accuratezza produttiva quanto di buono già mostrato da questo straordinario talento britannico.
01/12/2015
1. Message
2. Movement
3. Sharpness
4. Celebration
5. Lament
6. Forgiven
7. Little Wonder
8. Thunder
9. Skin
10. Dedication