Le partiture di “Aftertouches” rappresentano lo stato dell’arte di una musica sacra per l’evo digitale che, in questi ultimi mesi, Kara-Lis Coverdale (già collaboratrice di Tim Hecker su “Virgins”) ha indagato anche nelle smaterializzate epifanie di “Sirens”, una collaborazione con LXV aka David Sutton.
Dopo aver studiato musica classica e aver suonato per circa un quindicennio l'organo in chiesa, la compositrice di Montréal giunse alla conclusione che le sue emozioni e le sue ambizioni potevano trovare massima trasfigurazione solo nella musica digitale, l’unica – a suo dire – capace di tracciare il percorso verso il futuro. Onirico e aurale, l’universo di “IMGS /R” (che ha l'impatto di un cerimoniale sinfonico) ci trascina, dunque, in un vortice alieno di sfasature sintetiche e ologrammi spirituali, a contatto diretto con quello che la stessa Coverdale ha definito “un mondo privo di fisicità”. La musica fluttua libera e leggera come l’anima e le diverse sorgenti sonore finiscono per assomigliare a misteriose e sfuggenti apparizioni.
“Touche Me & Die” e per certi versi anche "Sap /H" trovano invece un punto d’equilibrio tra le partiture intimiste di Colleen e un minimalismo di impronta new age, lo stesso che contraddistingueva le speculazioni della sua prima cassetta, “A 480”. La ripetitività quasi giocosa di alcune strutture (ascoltate, per esempio, le trame ariose di “Ad Renaline”, pur ricondotte verso punti di fuga ultraterreni, o le ipnotiche oscillazioni di “Nu Chanic”, che finiscono per evocare, comunque, le stranianti performance di Laurie Anderson) fa da contraltare a quelli che sono i momenti più solenni dell’opera: il crescendo estatico, condotto dal suono dolcemente maestoso dell’organo, che s’impossessa di “Splash 144”, il corale metafisico di “X 4EWI” e le trame liturgiche, in arrivo da gelide distanze, di “Icon /C”.
Il brano più criptico è, comunque, “Arcane”, la cui disarticolata successione di schizzi sonori trasforma l'anelito alla luce della rivelazione in un doloroso percorso ad ostacoli.
Inseguendo il sacro (che è, insieme, tremendum e fascinans) nei simboli e nelle epifanie sonore della (post-)modernità, la Coverdale getta un ponte tra passato e futuro, ritrovandosi a fare i conti con una dolorosa ma seducente attualità.
14/10/2015