Moustache Prawn

Erebus

2015 (Piccola Bottega Popolare, MArteLabel)
alt-rock

Spesso da bambini ci si divertiva con giochi inventati al momento e storie d'immaginazione, creando luoghi e personaggi così improbabili e perfetti che restavano impressi nella memoria finché la cruda realtà non arrivava a spezzare quel preziosissimo e colorato incantesimo. Compito dei Moustache Prawn, trio pugliese già al secondo album, è quello di recuperare quei colori e quei luoghi fantastici dimenticati dalla mente ma non dal cuore, dove tutto è possibile e dove il divertimento allo stato puro sposa la più vivida immaginazione. È così quindi che a metà tra la dolcezza casalinga dei film di Wes Anderson e l'istrionismo stralunato di Daniel Johnston prende vita "Erebus", un concept-album che narra l'odissea di tre schiavi intenti a salvare il mondo da un cataclisma terribile.

La musica dei Moustache Prawn possiede tutto il carisma spensierato delle loro storie, a partire dalle strampalate trovate strumentali (sono stati utilizzati bidoni, spazzole, synth fatti in casa e chissà quante pentole rubate alla mamma), sia che si tratti di momenti delicati e acustici immersi in una spensieratezza sconfinata, sia che si tratti di scatenate feste danzerecce intrise di batteria potente e basso in distorsione. Ma, cosa non da trascurare, tutto l'impegno e la passione conferita ai testi (in lingua inglese) trovano in questo "Erebus" un legame con la musica quantomai equilibrato e coeso.
Ma questi ragazzi sono senza dubbio sedotti dalle ritmiche rock e funk più frizzanti. Già con l'inizio di "Kerguelen" e "Something is Growing" tutta la grinta e il potenziale elettrico del gruppo viene fuori, seguiti dalla sbilenca e divertita "Animals".
I tre sono abilissimi nel gestire anche i registri melodici più soft: il canto arpeggiato di "Eating Plants" e il folk trasognato in "The Lantern" assimilano la migliore lezione dei Fleet Foxes, accarezzando le melodie con cori delicati e portandoci a conoscere nuovi strambi animali. Il tutto sorretto dalla voce da cantastorie del chitarrista e cantante Leo Ostuni, sempre in linea con l'andatura ritmica e strumentale sapientemente orchestrata dal bassista Ronny Gigante e dal batterista Giancarlo Latartara.

L'influenza british dei primi Arctic Monkeys trapela tutta nella furente "Mountaintop", mentre si fa largo ai migliori Talking Heads con le funkeggianti "Breakdown" e (soprattutto) "Polar Bear", probabilmente la traccia più divertente dell'album.
Abbiamo anche la stoffa da hit con la tenera ballad  "Goodbye Zero", momento trascinante di intima poesia sfiorata da gocce di nostalgia, che lascia spazio a "Waterquake", la loro traccia più dura, che segna anche la fine delle peripezie dei tre schiavi.
Con la conclusiva "Natural Habitat" il trio pugliese raggiunge il picco del suo stile: la traccia più lunga dell'arsenale riesce a dar campo a ogni sfaccettatura, raccontando la bellissima conclusione di un paesaggio ambientale finalmente non più contaminato da malvagi uomini di scienza (o potere) non capaci di scorgere tutte le meraviglie che la natura riesce a offrire. È senza dubbio anche l'epifania melodica del lavoro: strutturato come una mini-suite, il brano parte da un folk-rock più tenue e cresce fino a raggiungere una gioiosa scarica di potenza nel lieto fine.

L'elemento che colpisce di questi Moustache Prawn è la loro pura e semplice sincerità. Il loro disco convince non tanto per un'esasperata squisitezza formale nei testi o per una ricerca sperimentale nella composizione musicale, quanto per lo spirito fresco e giovanile, capace di rispolverare i sorrisi sepolti dai nostri pensieri, a volte troppo seri e adulti.
L'importante per loro è far divertire e vi riescono alla grande, sfruttando ogni risorsa a loro disposizione. E a noi va più che bene.

19/03/2016

Tracklist

1. Kerguelen
2. Something Is Growing
3. Catapults
4. Animals
5. Solar
6. Eating Plants
7. Mountaintop
8. Breakdown
9. The Lantern
10. Polar Bear
11. Goodbye Zero
12. Waterquake
13. Natural Habitat

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