Un album per decade, a scandire la propria vita e quella del mondo: se non fosse accidentale, nell'incastro tra "realtà" e musica, il progetto artistico di Adam Torres sembrerebbe perfetto per identificarlo come eremita del panorama cantautorale americano.
Dopo essere stato "bambino prodigio" a metà dei Duemila, quando era il frontman nei Southeast Engine e trovava il tempo di pubblicare il suo esordio solista, il bello e certamente più "giovanile" ed enfatico "Nostra Nova", Torres riemerge dopo dieci anni con questo "Pearls To Swine" (titolo dalla traduzione un po' "scomoda"), una Polaroid ben precisa del suo stato esistenziale di appena trentenne.
Già il registro scelto da Torres per questo lavoro ne confessa lo spirito: quasi sempre su un'ottava che lo costringe al falsetto - ben educato, va detto, e quindi lontano dall'estetica "indie" americana, anzi forse tendente allo stucchevole in più di un frangente ("Where I'm Calling From") - le canzoni di "Pearls To Swine" spingono su un'esecuzione e su arrangiamenti improntati a un immaginario emotivo estremamente maturo, quasi da crooner folk, con un uso calibrato e intelligente di percussioni, archi e dell'accattivante fingerpicking di Torres - uno scenario che lascia la scena alle sue appassionate interpretazioni vocali. La traccia iniziale, la bella "Juniper Arms", condensa un po' tutti gli ingredienti stilistici e di scrittura del disco, che però mette in mostra il grande talento cantautorale di Torres, la sua ampia tavolozza espressiva, soprattutto.
Sul piano della scrittura, infatti, i brani solcano un po' tutto il cantautorato emerso negli ultimi anni (e non solo): quello neoclassico e Laurel-iano di Alela Diane ("Some Beast Will Find You By Name", "Outlands"), il romantico chamber-folk del primo Night Beds ("Morning Rain", "High Lonesome") e di Barzin ("City Limits"), lo slow-Americana, tra Neil Young e Jeff Buckley, di "Daydream" e "Juniper Arms", la riscoperta della tradizione di Jackson C. Frank e Townes Van Zandt ("Mountain River"), finanche il pop un po' "melò" ("Where I'm Calling From").
Insomma, una prova "corale" dal punto di vista cantautorale che pochi si possono permettere, insieme a un'unità stilistica di fondo che rende "Pearls To Swine" riconoscibile. Va detto, però, che nessuna delle tracce spicca in modo decisivo, pur nella qualità di livello assoluto della scrittura. Ma se l'età dei trent'anni è quella dell'accettazione di sé e del proprio posto nel mondo, senza voli pindarici, Adam Torres non poteva fare di meglio.
22/09/2016