Suzanne Vega aveva debuttato in teatro in compagnia di Duncan Sheik con la pièce "Carson McCullers Talks About Love" (2011), dedicata appunto alla narratrice statunitense e ai suoi primi crepuscolari scritti. Che Vega senta un'affinità forte con McCullers è dato quasi ovvio: entrambe mirano alle emozioni nascoste, magnificandole fino a farne un'indole di perdizione quotidiana.
Passato un mediocre "Tales From The Realm Of The Queen Of Tentacles" (2014), quel progetto è stato poi espanso ad album, sempre in collaborazione con Sheik, per "Lover, Beloved: Songs From An Evening With Carson McCullers". Sulle prime sembra un disco retrò da pensionata annoiata, anche se è un vintage coerente con il clima musicale in cui si muoveva McCullers, dallo scat da pianobar "Carson's Blues" (che vale più per i solo di bandoneon e trombone), il cocktail-jazz cullante "New York Is My Destination" e una decente prova di metamorfismo rhythm'n'blues in "The Ballad Of Miss Amelia".
Fortunatamente ci sono anche numeri degni del suo passato migliore, in cui Vega passa dall'omaggio esteriore a un'analisi più scavata, come se indagasse il ritratto della scrittrice a mo' d'immagine a specchio della sua anima. La pianistica "Annemarie" potrebbe insegnare qualcosa alla solitudine di Cat Power, "Lover, Beloved" è un gioiellino di discrezione sensuale e "Carson's Last Supper" è una prodezza d'introspezione Lisa Germano-esca. E una "12 Mortal Men", poco più che sospirata, in realtà è un tour de force vocale difficile e persino acrobatico, dati i suoi standard tenui e monocordi.
Ricettina breve e ricca di tutto un po', come per buona parte dei dischi predecessori, non scadente e non brillante, con qualche ingenuo baco tra cui il primo singolo, "Harper Lee". Diseguale per tattica e interpretazione: Sheik ci mette calce mista ad acqua. Che, però, ci siano almeno un paio delle migliori canzoni in quasi una decade è un dato di fatto.
15/10/2016