Forse un po' poco "sulla cresta dell'onda", per usare un termine autoreferenziale, gli Alvvays sono però una band che sa ancora distinguersi grazie a un songwriting molto più estroso e imprevedibile di quanto il sound, effettivamente un po' poco suggestivo e caratterizzato con quel suo chitarrismo uptempo e lievemente riverberato, lasci intendere.
Con qualche intuizione di arrangiamento e produzione in più, gli Alvvays godrebbero probabilmente di maggior considerazione, e in effetti bisogna un po' usare l'immaginazione per realizzare il potenziale delle canzoni di "Antisocialites", che sanno anche uscire dagli steccati spesso un po' angusti del genere.
Se è vero che ci sono le ruvidezze twee di "Plimsoll Punks", che dal punto di vista melodico rimane comunque una delle cose più originali viste nel genere negli ultimi anni, e "Lollipop (Ode To Jim)"/"Hey", l'iniziale "In Undertow" è un bel motivetto da britpop operaio, edulcorato per non abbandonare l'estetica di riferimento e per adeguarsi alla voce di Molly Rankin. Ma anche il brio sintetico della buona "Saved By A Waif", che ricorda gli ultimi Camera Obscura (con dieci anni di meno), poteva essere interpretato con più coraggio.
Insomma, l'impressione generale è quella di una scrittura non adeguatamente valorizzata da un impianto da guitar-band indie-pop un po' superficialmente giovanilistico, che cozza con la maturità del songwriting. Infatti, come soprattutto i "lenti" lasciano presagire ("Already Gone", "Forget About Life", la bella "Not My Baby"), la Rankin avrebbe in canna qualcosa di davvero significativo.
15/09/2017