(Tracyanne Campbell)
C'è stato un tempo in cui qualsiasi tipo di dissolutezza rock'n'roll sarebbe stata quasi impensabile per Tracyanne Campbell; un po' per quell'insicurezza tipica dei debuttanti, un po' per quell'eccessiva timidezza che da sempre ha contraddistinto il suo modo di porsi rispetto al pubblico sopra e addirittura sotto il palco: timorosa dei giudizi ed avversa ad essere al centro degli sguardi; non proprio quello che ci si aspetterebbe dalla leader di un gruppo. Il fatto che lungo tutto l'arco di una carriera ci si è sempre visti additati come un goffo tentativo di imitazione, come dei fratelli minori o, citando la fiaba di Andersen, come il "Brutto Anatroccolo" emarginato, deriso e snobbato, finendo inevitabilmente per nascondersi (seppur da lui coccolati) dietro la pesante ombra di Stuart Murdoch (i due avranno anche una breve relazione), non ha certo migliorato la situazione. Sono quindi svariati i motivi che hanno cospirato, oltre all'approccio un po' ingenuo e retrò verso la musica, perché i Camera Obscura venissero considerati spesso come dei Belle & Sebastian di serie B. Quel periodo, per fortuna, è ormai lontano da un pezzo, perché la band di Glasgow si è rimboccata le maniche e, attraverso un percorso lungo quindici anni, è riuscita a trovare la propria strada, senza lasciare che le ombre di ieri cancellassero i colori di un nuovo giorno e finendo per tramutarsi definitivamente da "brutto anatroccolo" a cigno vero e proprio.
Poster e negozi di dischi
È il 1993 quando Tracyanne Campbell e John Henderson, all'epoca studenti nella stessa classe di "Sound and Video Recording" al college, decidono di formare un gruppo insieme, così come ne nascono a migliaia: un po' per passione, un po' per gioco, un po' per quella sottile voglia di emergere fra i tanti.
(Tracyanne Campbell)
Il gruppo però prende forma ufficialmente solo nel 1996 quando Tracy e John, alla ricerca di un bassista, entrano per caso nel negozio di dischi di Gavin Dunbar per appendere un annuncio. Non era propriamente un negozio a dir la verità, era una piccola stanza con alcune (poche) mensole su cui risiedeva la collezione (esigua) di Dunbar. Gavin si sedeva in questo negozio tutti i giorni per ore di ascolto, per sorseggiare tè e per leggere vecchie copie del Melody Maker. Ogni tanto entravano degli amici a fare quattro chiacchiere e a mangiare qualcosa: sembrava più una camera da letto dove, al posto del letto, c'era un registratore di cassa. Eppure ogni tanto qualche sconosciuto entrava…
"Sì, appendetelo pure lì sopra"
"Grazie!"
Sono Tracy e John. Il poster è un annuncio per cercare membri per il gruppo, dopo aver deciso che loro avrebbero scritto e cantato tutte le canzoni. Gavin ha un colpo al cuore. Suonava il basso da quando era bambino, in modo piuttosto improvvisato, nei più beceri pub della suburbia glaswegiana. Non esita, quindi, a contattarli. Nascono così i Camera Obscura, tra alcune prove nel capannone del padre di Gavin e piccoli strimpelli in giro. Tracyanne alla chitarra, Gavin al basso e John… John a cantare… quando serve (imparò anche lui poi a suonare la chitarra), con la madre di Gavin a dare lezioni di canto. Dopo una rotazione di un paio di chitarristi, anche David Skirving, autore dei primi brani, entra in pianta stabile.

Splendenti come una nuova spilletta
Il 25 giugno del 2001 viene pubblicato il terzo singolo "Eighties Fan" (prodotto proprio da Stuart Murdoch) che anticipa l'esordio su Andmoresound Records di "Biggest Blues Hi-Fi" primo disco degli scozzesi, che circoscrive al meglio le coordinate sonore del gruppo: una deliziosa voce femminile, prossima alle prime incisioni di Tracey Thorn (Everything but the Girl) o Harriet Wheeler (The Sundays), ma condita con una piccola dose di personalità forte come quella di Dusty Springfield e Nancy Sinatra. Chitarre acustiche, un ritmo appena accennato e una melodia semplicemente indimenticabile firmano il brano emblema del loro album di debutto e consacreranno "Eighties Fan" tra le canzoni più conosciute e suggestive del loro repertorio. Una sezione di archi incredibilmente agrodolce e ben registrata che pervade l'anima, ripresa anche da gruppi come i Tompaulin (anch'essi scozzesi) e che potrebbe significare qualcosa per tutti tale è la grazia e la destrezza con cui si muove delicatamente: "…you say your life will be the death of you…". Sfortunatamente, la collocazione del brano come seconda traccia del disco penalizzerà livemente tutto ciò che segue. Non si intende, però, screditare l'ablum e il resto delle canzoni, ma il confronto con tale singolo risulta spesso impari. Le canzoni successive sono buone, comunque, abbastanza per suggerire come "Eighties Fan" non sia stato solo un colpo di fortuna ma che vi sia una coerenza estrema che riesce a catapultare i Camera Obscura fin da subito tra le glorie dell'indie-pop. Degne di nota sono la terribile storia del ragazzo ossessionato dagli Smiths in "Pen and Notebook" ("…And you knew you'd made a mistake when you first saw Marr…") con quei lampi d'archi che creano una particolare sensazione di avvicinamento tra musicista e ascoltatore, la confusionaria relazione nei duetti vocali di "Houseboat" con i suoi jingle-jangle scampanellanti o la disillusa "Let's Go Bowling" ("…I don't believe in anything so you may as well forget about me…") con una Tracyanne completamente a nudo a dipanare le sue emozioni, le ottimistiche "Shine Like a new Pin" ("…Girl with a thick skin made you shine like a new pin…") e la quasi lo-fi "The Sun on His Back" ("…Do you feel lucky tonight (go out it's alright)…") con i rullanti in casa Beat Happening.
L'attenzione lirica di Tracyanne Campbell si concentra qui dritta sull'amore e sulle sue complicate conseguenze. Ma la vera lotta nelle sue canzoni non è banalmente fossilizzata sulla relazione con l'altro, ma in continua lotta tra vulnerabilità emotiva e quella caparbia volontà di mantenere una sicura indipendenza sentimentale. Con questa forza nel songwriting e con la sua moderna torsione sugli arrangiamenti 60s di Bacharach, Webb e Hazlewood, "Biggest Blues Hi-Fi" suona magniloquente senza essere tronfio, semplice senza essere banale, universale e non per questo inutilmente retorico.
Le prime sfide nella lega nazionale del pop
Sull'onda del singolo "Eighties Fan", che raggiunse la posizione numero 8 nella Festive Fifty di John Peel, inizia anche uno speciale rapporto di ammirazione reciproca con il mitico dj inglese che, prendendoli sotto la sua custodia, li invita poi il 14 agosto (e nuovamente il 20 dicembre) a registrare la prima delle loro poi 5 sessioni radiofoniche (nuovamente nel 2002, 2003 e 2004) su Radio 1. Suonano 4 canzoni, "Anti Western", "Sun on His Back" e due nuovi brani che videro poi la luce sul nuovo disco, "Number One Son" e "Before You Cry", e vengono poi invitati dallo stesso alla sua festa di Natale "Christmas Carol Special" insieme a Melys, Lianne Hall e Gorky's Zygotic Mynci. È una della grandi fortune degli scozzesi questa cotta di Peel, perché permette loro di allargare il proprio bacino di ascoltatori arrivando a platee addirittura neanche mai pensate prima (ebbero un forte successo anche in Spagna dove pubblicarono poi sotto la Elefant Records sia la ristampa dell'esordio sia il nuovo disco nel 2003). La formazione cambia nuovamente a fine anno in quella che sarà poi la (quasi) line-up definitiva: Nigel Baillie ai fiati e Carey Lander a prendere il posto di Lindsay Boyd alle tastiere.
E con quel desiderio incombente di chi sa che merita un destino più roseo, di chi cerca di liberarsi da quelle infinite 'accuse' e di chi spera di uscire da quei confini che probabilmente iniziano ad essere sempre più stretti, i Camera Obscura, con una Tracyanne ormai sempre più sicura di sé, rilasciano il loro sophomore "Underachiever Please Try Harder", a dimostrazione che la trasformazione in cigno è sempre più vicina.
Un approccio onesto, ormai sempre più adulto nei suoi legami romantici e la cui maturità è esibita in primis nelle tracce cantante da John Henderson. "Before You Cry" è un cenno grazioso a Nashville, "Your Picture" strizza l'occhio a Leonard Cohen, mentre lo stomper Motown di "Take Me Home" sovrasta l'intero capitolo. "Underachiever Please Try Harder" gioca con il gusto intellettuale del citazionismo e si guarda intorno con gli occhi ingenui di un giovane Holden in un amalgama di richiami ad un folk-pop dolcemente retro ma comunque pieno di vitalità. Tra i solchi del disco non ci sono virtuosismi o rivoluzioni, ma è quella semplicità diretta delle sue intuizioni melodiche a conquistare immediatamente. Sia negli squarci biografici del singolo "Teenager" ("…Well, you're not a teenager so don't act like one…") sia nei caotici sentimenti verso il proprio insegnante di "Suspended From Class" ("…Now he wants to kiss, He says he can't resist, You're going to have to keep it hidden inside, I have feeling that pigs might fly, might fly…") con i fiati dei Love a far da contorno. E in questo labile confine tra sentimenti repressi e voglie di rivalse, c'è tutto l'orizzonte del pop melanconico dei Camera Obscura.

È così che le vecchie similitudini che tanto spesso hanno accompagnato i Camera Obscura lungo il loro percorso musicale vengono pian piano sgretolate con disinvoltura. Se prima Tracyanne Campbell poteva suonare come una più carismatica Isobel Campbell (non ci sono relazioni di parentela tra le due) adesso ha ottenuto il ruolo più dominante che nei B&S è di Stuart Murdoch, con John Henderson rilegato a prendersi il ruolo della anch'essa dimissionaria Isobel. Questa inversione fa sembrare allora i due gruppi più come il naturale specchio delle loro immagini, ed è anche facile pensare che Tracyanne Campbell e Stuart Murdoch siano ciascuno il silente interlocutore dei dialoghi dell'altro.
Pronti ad avere il cuore spezzato?
Dopo l’abbandono del cantante e percussionista John Henderson, Tracyanne Campbell prende saldamente in mano il timone del gruppo, firmando e cantando tutti gli episodi che compongono il nuovo album "Let's Get Out of This Country" pubblicato nel 2006 su Elefant Records, e regalando all’ascoltatore, per una volta, un punto di vista prettamente femminile, in un universo, come quello dell’indie-pop, troppo spesso caratterizzato da una visione esclusivamente maschile.
Affiancati per la prima volta da un produttore (Jari Haapalainen, già alla console con Club 8 e Concretes) e con la possibilità di sfruttare uno studio professionale, i Camera Obscura si appropriano di un suono più personale, in bilico tra il pop più classico di chiara matrice sixties e l’alt-country, caratterizzato da un’orchestrazione ricca e intensa, anche grazie all’apporto dell’organo e degli archi ma che riesce, nell‘arco dei dieci episodi che compongono il lavoro, a evitare il rischio di un eccesso di compattezza e levigatezza e quello, sempre concreto, di sovraproduzione.

Qualora, poi, ce ne fosse ancora bisogno, la dimostrazione definitiva della raggiunta maturità stilistica e formale i Camera Obscura la forniscono nel brano che conclude il lavoro, “Razzle Dazzle Rose”, un amabile mid-tempo orchestrale, accompagnato da una malinconica tromba, nel quale Tracyanne Campbell mostra, ancora una volta, che il proprio approccio nei confronti della vita sarà oramai più pragmatico di un tempo ("…expecting softness can lead to foolishness…"), ma mai cinico. Alla tristezza si accompagna sempre la speranza.
Il maggior pregio dell’album, in ogni caso, risiede nella sua straordinaria coesione. Lungi dall’essere solo un susseguirsi di singoli, “Let’s Get Out Of This Country” ha un’intrinseca coerenza tematica e musicale che permette definitivamente di affermare, in tutta tranquillità, che i Camera Obscura non suonano che come loro stessi.
Finalmente cigni
Il precedente “Let’s Get Out Of This Country” aveva condito la calda estate del 2006 con la sua variopinta collezione di intoccabili canzoncine pop, chiudendo il cerchio di una compiutezza stilistica tracciato dalla band fin dalla prima prova, rilasciata nel 2001. I tre anni che separano “My Maudlin Career” dal predecessore sono stati spesi girovagando per il globo, proponendo concerti esplosivi e decisamente divertenti (la performance del luglio 2008 a Bologna ne è un esempio lampante; l’esecuzione in quel caso è precisa e rispettosa verso gli originali, con rimaneggiamenti che coinvolgono lunghezza e cantato).
Lasciata intatta la formula a base di country-pop scanzonato, il gruppo riversa tutte le sue potenzialità nelle nuove undici canzoni con dedizione encomiabile. Melodie incontenibili centrifugate con una ritmicità innata, arricchite dalla voce profonda di Tracyanne Campbell, ormai leader affermata del gruppo e chitarrista d’eccellente versatilità. Senza accusare apparenti crisi d’identità o d’ispirazione, l’usuale teatrino prende il via senza indugi.
Arrangiamenti classici condiscono con la loro magnificenza una struttura ben collaudata (la bellezza immacolata dell’incipit “French Navy”, i vortici irresistibili di “The Sweetest Thing”), chitarre polverose e un testo da leggere sono gli elementi degli episodi più scarni (l’afflato romantico di “Away With Murder”, un rullante accarezzato scuote gli animi in “James”).

Dopo un duetto all’insegna dell’essenzialità (chitarra-voce per “Other Towns And Cities”, il racconto per un road movie in riva al mare di “Forests And Sands”) conclude il disco una fanfara fiatistica in perfetto stile big band, attimo che suggella la conclusione con grande pathos (“Honey In The Sun”).
“My Maudlin Career” mette in campo una genuinità pop a cui non si possono muovere critiche, ogni tassello è al posto giusto, inoltre il tocco di varietà dona al disco un appeal irresistibile.
Vuoi sapere com'è il cuore di William?
We might not storm the charts completely but we’ll do our very best"
(da "Every Weekday")
"Desire Lines", quinto album degli scozzesi Camera Obscura, arriva ora dopo quattro anni di hiatus tra malattie, eventi e… vita. A Carey Lander nel 2011 venne diagnosticato un cancro (ha risposto ora bene alle cure) e dovette smettere di suonare, mentre Kenny McKeeve diventò padre nel 2012 pur perdendo la madre ad inizio anno. Sono svariati gli eventi che hanno portato i Camera Obscura a trovarsi davanti al bivio di sciogliersi per affrontare determinate urgenze o decidere di rimettersi in pista con un nuovo disco. E quella scelta di abbandonare il proprio territorio-sicuro, così come fecero nel 2006 in Svezia, ed andare a registrare un nuovo capitolo a Portland sotto la supervisione di Tucker Martine (The Decemberists, Spoon) è un segno che sottolinea non solo la caparbietà e la resistenza delle loro idee, ma anche la volontà di lavorare su qualcosa che non tradisse il proprio passato ma che invece gli rendesse omaggio. Si potrebbe però pensare che le peripezie di questi avvenimenti avrebbero potuto 'infettare' buona parte del disco, ma sembrano invece aver sortito un effetto contrario. "Desire Lines" è un distillato di vita e speranza. Un disco che non è più solo il dolce diario di una teenager con il cuore spezzato, ma nei suoi confini personali è ora una anche fotografia dettagliata che immortala tutto il percorso di un gruppo più che decennale.
Il risultato e la differenza di produzione si sente se comparata ai vecchi lavori: uno stile più atmosferico, hooks più puliti (anche la voce di Tracyanne sembra migliorata con il tempo), un utilizzo di sintetizzatori più vintage e una dimensione globale focalizzata al meglio sull'identificazione dei singoli strumenti all'interno dei pezzi, senza quel wall-of-pop riscontrato in "My Maudlin Career". È tuttavia ancora un pop lussureggiante da camera, anche se i toni disillusi di "Keep It Clean" e l'irregolarità stilistica da debuttanti di "Biggest Blues Hi-Fi" sono lontani da un pezzo. Tracyanne non è mai stata così sicura nel cantato e nei testi mai prima d'ora così espliciti. Addirittura nella bubble-song "Do It Again", primo singolo estratto, si fa anche erotica (è incinta di cinque mesi, ndr) quando non lascia molto spazio all'immaginazione nel chorus "…You were insatiable, I was more than capable, Turn down the lights now, let’s do it again…". La melodia upbeat di "Troublemaker" flirta con sfumature synth pop nella forma in cui le linee del sintetizzatore si incastrano con pattern pindarici mai così esposti tra la dolce fusione delle singhiozzanti armonie della Campbell e le tipiche atmosfere Bacharach-iane dei precedenti dischi.
Ancora una volta la nostra musa crea personaggi e soggetti di fantasia e non è mai abbastanza chiaro quanto di sé inserisca nei suoi testi. Nella malinconia lussureggiante di "William's Heart", che potrebbe evocare l'accoratezza ariosa dei Go-Betweens (o rimanendo all'interno del catalogo, la tristezza racchiusa all'interno di un pezzo immaginifico come "Lunar Sea") c'è un narratore che racconta di un uomo a cui sarebbe piaciuto avere un cuore d'oro ma che sarebbe però dovuto venire da uno 'stampo' migliore. È dunque Tracyanne Campbell che si fa osservatrice esterna o l'uomo "fatto di lana" di cui parla? Non ci è dato saperlo. È la dolcezza della sua voce però a rendere tutti i suoi testi più che sinceri, ma che forse diventano ingannevoli più a fondo si arriva a conoscerli. Ed è qui che si riesce anche a leggere la velata dose di ironia attorno al mondo dei Camera Obscura.

E allora i versi citati da Tracyanne Campbell in apertura riassumono, lo si capisce alla fine, non solo l'universo pratico che sta dietro al nuovo disco, ma anche l'intera carriera di un gruppo ormai riuscito da tempo a divincolarsi dai lacci opprimenti che lo imbrigliavano nelle pozzanghere di Glasgow e a specchiarsi ora più che mai nelle acque più cristalline in tutta la sua bellezza.
Contributi di Francesco Amoroso ("Let's Get Out of This Country") e Alessandro Biancalana ("My Maudlin Career"). Un ringraziamento a Francesco Amoroso per la revisione.