You paint the picture
It wont get bigger.
Reduce da un trittico di dischi con gli Stabscotch, Tyler Blensdorf ha recentemente varato il progetto solista Dizayga, che con la formazione responsabile, appena un anno fa, dell'eccellente quanto misconosciuto “Uncanny Valley”, condivide il gusto per l’indagine dei dolori e delle angosce personali, ma non l’impianto art-rock e noise-wave. In “Anthrocide: Exit by Accented Figures” c’è, invece, uno schizofrenico concentrato di cortocircuiti harsh-noise, bordate power-electronics, degenerazione hip-hop e marciume elettronico di tutti i tipi - e non è un caso che Blensdorf abbia deciso di devolvere i ricavi (ehm…) delle vendite del disco alla SARDAA (Schizophrenia and Related Disorders Alliance of America).
Così, se “Faith Has nN Character”, con le sue architetture instabili e le sue prefigurazioni di morte (“ho visto le nuvole diventare un cappio nelle mie mani”), potrebbe tranquillamente essere esibita come manifesto, sia sonoro che lirico, del Dizayga universo, “Believe In Me 2016” precisa che questa musica è essenzialmente una ragnatela che allarga il suo raggio d’azione a forza di strattoni virulenti (c'è qualcosa che ricorda la paranoia dei primissimi Xiu Xiu, ma anche le disfunzioni "frattali" degli Infidel?/Castro!), calci & pugni e marasmi sonici che, mentre destabilizzano, profondamente inquietano. Le violentissime pennellate cyber-grind di “Bai Ze”, le staffilate oltranziste e le distruzioni vocali di “No Answer” erigono kammerspiel post-apocalittici in cui il retaggio surrealista è infettato dal torbido piacere dell'annientamento.
Spunti ballabili e ipotesi di tribalismo meccanico emergono, dunque, in “Here And There”, in cui il veleno dell’anima si diffonde soprattutto in quei disturbi minimi e in quelle improvvise digressioni che trasformano il brano in una piccola odissea interiore.
Dopo circa otto minuti di crescendo thrilling-dronico e annunci disperati (“il tempo scuote le sue mani fredde, i tuoi ricordi si deformano in un flusso di serpenti muti”; “ORA SONO FOTTUTO”), “The Wurm” esplode in un massimalismo harsh-noise, saturando le orecchie, il corpo, il cervello e il cuore, fino a spolparli come solo potrebbe fare un “verme” terribile e spietato. Dal canto suo, “I Refuse Breathing” (con vocine-bambine a citare il refrain di “Rape Me” dei Nirvana in un’improvvisa oasi di stupore malato) è l’incubo della disarticolazione, la disarticolazione dell’incubo.
Più che a un disco, “Anthrocide: Exit by Accented Figures” assomiglia a una seduta psicoanalitica in cui Blensdorf è sia dottore che paziente. Questo perché egli sa, come confessa nelle ultimissime battute del comizio al cospetto del proprio Sé di “Figure It Out”, che, se “dipingi l’immagine”, essa “non diventerà più grande”. Il che, parlando fuor di metafora, non significa altro che questo: se racchiudiamo le nostre angosce nella cornice dell’Arte, ne avremo quantomeno circoscritto la forza erosiva.
04/01/2019