Lungi dal seguire gli effimeri dettami della scena indipendente italiana, il palermitano Gioele Valenti ha sempre avuto aspirazioni più ampie per il progetto personale Herself, che va ad aggiungersi agli altri di cui è primo attore o co-protagonista (JuJu, Lay Llamas). La sua narrazione, in particolare, è da sempre tanto peculiare nella forma quanto univoca negli intenti: mettere insieme un cantautorato lo-fi e minimale, contraddistinto da una componente melodica che emerge con forza da un contesto vagamente narcolettico, poco più che sussurrato ma ciononostante quantomai vivido. Si può dire che Valenti abbia saputo sintetizzare nel suo stile le più disparate influenze riconoscibili nel suo fare musica in uno stile tutto sommato unico e senza dubbio coerente.
“Rigel Playground”, registrato e mixato tra Palermo e Seattle e poi masterizzato a Londra da Jack McKenna, non è che il proseguimento di una narrazione idealmente ambientata nei vasti spazi americani. Reduce dalla buona raccolta “Gleaming” pubblicata nel 2015 con gli statunitensi The Laissez Fairs, contraddistinta da una forma-canzone più nitida e soprattutto rifinita, Herself ritorna ai suoi bozzetti minimali, in pratica delle ninne-nanne blues dotate di un'irreale eleganza. Tra i sette brani spicca la delicata “The Beast Of Love”, di fatto il sogno americano di Valenti che si realizza nella voce di Jonathan Donahue di quei Mercury Rev di cui Herself ha aperto le recenti date italiane. Il fraseggio di acustica ed elettrica della ballata “Bark” produce uno dei migliori ritornelli del lotto, immerso in quel sottile strato di malinconia che Valenti sa tratteggiare senza mai calcare la mano.
Il classic rock di “Crawling” è un altro numero di alta classe, praticamente un brano dei Wilco al rallentatore. “Another Christian” è come un western spogliato della sua classica e ormai abusata iconografia, ma non per questo meno evocativo, anche grazie ad arrangiamenti che chiamano in causa synth e archi. La radice blues si manifesta in tutta evidenza nella polverosa parabola di “The Witness”, che lancia la volata al più delicato finale di “Treats”. Del resto, per quel che ci riguarda, il polistrumentista siciliano non ha mai avuto bisogno di particolari artifici per dimostrarci la bontà delle sue intuizioni.
30/10/2018