Esigenze contrattuali? Desiderio di battere il ferro finché è caldo? Quale che sia la spiegazione dietro alla sua pubblicazione, l'album è uscito senza alcun clamore, con una promozione tiepidissima, quasi come se si trattasse del decimo full-length di una vecchia stella e non del secondo lavoro di uno dei nomi più spendibili dell'attuale circuito pop anglofono. A meno di qualche nuova prepotente hit, la strada del declino pare già cominciata.
Effettivamente, già lo stesso disco sembra voler proprio sancire l'inizio della fine, rivelandosi quanto di più svogliato, generico e impersonale abbia offerto il pop mainstream per il 2019. La diretta interessata ha parlato di un disco più coinvolto, sentito, a partire dai temi prescelti (l'amore e il sesso, filtrati attraverso le esperienze personali dell'interprete) e dal tono testuale, eppure tutto concorre a smentire simili affermazioni, definendo un disco che a conti fatti pare la degenerazione del debutto. Laddove quest'ultimo, pur zoppicando e inciampando, riusciva comunque a centrare qualche buona melodia e una discreta coesione interna, il suo successore ne sperpera tutte le potenzialità, banalizzando ogni singola intuizione nella sua controparte annacquata. Così la già menzionata “ Señorita”, interpretata insieme al ben poco convincente bad-boy Shawn Mendes (con il quale ha avviato una discussa relazione), è la diluizione un tanto al chilo della salsa urbana introdotta con “Havana”, un tripudio di chitarrine dalla parvenza latina e accordature delicate tese ad accentuare la (stucchevole) chimica e il romanticismo tra i due performer.
È una tendenza all'appiattimento generale, che si riflette nella mancanza di un effettivo baricentro, di una coesione che possa dare un'impronta più personale al progetto, deciso a cavalcare ogni trend possibile senza apporci qualche particolare firma distintiva. La doppia single-release “Shameless” - “Liar” delimita i confini entro cui si muove l'operazione, sfoderando da una parte un penchant per l'electro-emo di Halsey (l'unico momento in cui la produzione lascia intravedere qualcosa di stuzzicante), dall'altra piegandosi a un più svagato dancehall, a scimmiottare gli esperimenti di Drake e Rihanna. Ed è sempre la star barbadiana a essere ripresa nella torch-song “This Love”, in un motivo soul vanificato da una voce priva di trasporto e partecipazione.
Se le cose fluiscono meglio nella commossa dedica al padre (“First Man”, docile ballad prodotta da Finneas Eilish), l'intera sequenza centrale si dipana stanca, anonima, un frasario che rinuncia anche alle più facilone derive latine per sposare abusati contesti trap (“Bad Kind Of Butterflies”), spenti tocchi electro à-la Sia (“Easy”), evitabili ascese vocali (“Dream Of You”). Non proprio il miglior profilo per una capace di smuovere milioni su milioni sulle playlist più di grido.
Mancano, insomma, quella progettualità, quel senso di direzione e coordinazione che possano esaltare le (per adesso poche) qualità di Camila Cabello e individuare una traiettoria percorribile, differenziata. Difficilissimo, considerate anche le diverse polemiche che stanno distruggendo il profilo pubblico della cantante, ma anche in una chiave meno mainstream uno spiraglio potrebbe aprirsi.
(23/12/2019)