TR/ST

The Destroyer - 1

2019 (House Arrest, Royal Mountain, Grouch)
synth-pop, dark-synth

Succede, quando hai una grande determinazione e una forte convinzione dei tuoi mezzi. Allora ti girano le scatole. Guardi in faccia cosa non ha funzionato. Affronti il problema. E magari ti fai anche un po' di autocritica. Sei intelligente. Sai quello che stai facendo e capisci che questo è un disco importante. Stavolta non puoi sbagliare. Se sbagli questo, è tutto finito. Quindi ti prendi il tuo tempo. Cinque anni, per la precisione. Da quel secondo disco che, diciamocelo, non era poi così male. Ma è evidente che aveva la colpa di essere il seguito di quel debutto che aveva fatto gridare al miracolo, finendo per diventare quasi iconico. Forse un po' troppa presunzione? Può essere.

Robert Alfons queste cose se le è dette di sicuro. Si è fermato e ha rimuginato molto su quelle che avrebbero dovuto essere le prossime mosse. Ha riportato a casa Maya Postepski (Austra), una delle chiavi di quel magico primo disco, che però non aveva preso parte al secondo "Joyland".
Poi le canzoni. Alfons ha capito che doveva tornare a quelle. Focalizzarsi di nuovo su quello che era stata la chiave vincente. Le canzoni. Poi sarebbe tutto venuto di conseguenza. Il suo modo di interpretarle. Quella voce e quella intonazione stranissima. Quasi sinistra. Con un senso dell'armonia davvero originale e inusuale. Ma le canzoni le devi avere.

È così che ti rimetti testa nel lavoro. Recuperi la tua identità, o quantomeno lo spirito di quando avevi iniziato. E, certo, alcune sicurezze sono svanite. E allora c'è da tastare il terreno. Capire se la direzione è giusta. Se stai facendo le cose fatte per bene. Quindi che si fa? Si buttano fuori un po' di singoli, prima. Molto prima. C'è da capire se il disco che si sta facendo è quello giusto. Due anni fa esce "Bicep", seguito poi da altri tre pezzi. E le reazioni sono rassicuranti.
Sì, Robert. Piace. Le reazioni sono quelle che volevi. Avanti così. Si arriva dunque, al terzo album. Finalmente. Quello della verità. A cinque anni dal precedente.

Missione riuscita? Sì. Alfons riemerge con forza e orgoglio dimostrando che il suo è uno dei progetti più unici e originali mai sentiti negli ultimi dieci anni in ambito di dark-synth. Lo fa con una nuova maturità, perché "Joyland" non si deve buttare a mare. Sono tutte conoscenze che danno una struttura ancor più matura a un disco che, per forza di cose, guarda più a quello che fu il debutto.
"Gone", "Unbleached", "Bicep" e "Grouch" sono stand-out tracks, dove troverete tutto il meglio dell'universo Tr/st. Produzione e cassa compressa. Elettronica inquietante ma anche irresistibile in ottica alternative club. E poi le linee melodiche.
Ci si concentra spesso sul particolarissimo timbro di Alfons. Ed è vero. Ma è proprio il senso dell'armonia, dissonante, inattesa, che fa la gran parte del lavoro.
L'irresistibile refrain di "Grouch" ne rappresenta la punta massima. E non è che si rinunci a distorsioni e ricerche che esulano dalla stretta forma-canzone. "Poorly Coward" ne è un brillante esempio: suoni dissonanti, industrialismi e arrangiamenti ispirati.

Si va a chiudere con due ballad elettroniche. "Control Me" e "Wake With" si elevano per qualità del songwriting, e aprono un orizzonte molto più vasto al progetto Tr/st, dove l'ambito dark-club potrebbe iniziare a stare stretto. Melodie e sintetizzatori romantici che vanno a chiudere, non senza emozione, un ritorno più che convincente.
E non è finita qui. Ci sarà una parte 2, di questo disco, come il titolo suggerisce.
Tr/st non è più una novità, quindi è anche possibile che le reazioni a questo album possano non essere le stesse che accompagnarono il già stracitato debutto. Ma questo è un disco di livello. Succede, quando sei un artista intelligente.

11/05/2019

Tracklist

  1. Colossal
  2. Gone
  3. Unbleached
  4. Bicep
  5. Grouch
  6. Poorly Coward
  7. Control Me
  8. Wake With


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