Quando un membro di una band si appresta a fare il suo esordio solista, il rischio più grande è sempre quello di non riuscire a smarcarsi dal suono e dalle idee della band madre, finendo col risultarne una versione accessoria, talvolta, invero sovente, superflua. Il rischio si fa ancora più grosso se la band in questione è, come nel caso di Alex Maas e dei Black Angels, la padrona indiscussa di una scena come quella del rock psichedelico texano della quale i Black Angels sono il nome di punta, tanto da venir più volte considerati gli eredi legittimi dei 13th Floor Elevator.
Con “Luca” il bassista, tastierista, cantante e prima penna dei Black Angels vince la sfida due volte, riuscendo a risultare sia riconoscibile (l’intonazione da estasi metallica e gli arpeggi di tastiera in loop dell’opener “Slip Into” non lasciano alcun dubbio su chi sia e da dove venga Alex Maas), sia qualcos'altro – risultato ottenuto rinunciando completamente ai riff massicci e ai fuzz degli Angeli Neri. La psichedelia fa comunque da padrone, ma non è un’esplosione di colori ed energia elettrica, bensì una bolla nostalgica di folk e pop sospesi tra polvere e anni 60 – o un pelo prima (“All Day”).
“Luca” prende il nome dal figliolo che Maas ha avuto nel 2018, al quale è dedicata peraltro la dolcissima “Special”, una ballatina scarna e ricolma d’amore, addobbata della sola chitarra acustica e immersa in un batuffolo di fiati. L’arrivo del figlio è stato certamente la spinta di cui Maas necessitava per lasciarsi andare in quest’avventura solista; gran parte del materiale che compone il disco risale però addirittura a una decina d’anni fa. Bozzetti lasciati impolverare per poi trovare forma in studio grazie all’aiuto di numerosi collaboratori, tra i quali spiccano i compagni di band Christian Bland e Jake Garcia, il tastierista di Jack White Quincy McRary e il batterista degli Eels Derek Brown.
Canzoni intinte in una malinconia oscura come “The Light That Will End Us” o “Shines Like The Sun (Madeline’s Melody)” provengono da vecchi juke-box in bettole di frontiera, o da radioline scassate dimenticate sul muretto di un villaggio verso il Messico; mentre “Been Struggling” aggiunge a uggia e polvere l’immediatezza di un ritornello canticchiabile e appiccicoso. Solo “American Conquest”, con la sua chitarra marcatamente western, guarda più da vicino ai mantra anti-capitalisti di “Death Song”.
“The City” chiude col suo dolce e sconsolato humming una rassegna di dieci brani che, in quest’epoca di durate sfiancanti incoraggiate dal formato digitale, ha l’ulteriore pregio di una lunghezza snella, circa 36 minuti nei quali Maas non concede spazio a cadute o dettagli superflui.
Certamente l’attesa di un nuovo disco dei Black Angels rimarrà il pensiero fisso di tutti i fan della ciurma psichedelica texana, ma “Luca” è un diversivo di fattura pregiata che concede l’occasione di conoscere più a fondo il capitano della combriccola.
15/12/2020