Il trio bielorusso dei Molchat Doma ha ottenuto il plauso della critica grazie al brano “Sudno (Boris Rizhy)”, inserito nel loro secondo album da studio intitolato “Etazhi” (2018), capace di collezionare più di trenta milioni di ascolti Spotify e oceaniche condivisioni su varie piattaforme come Tiktok e Instagram.
Oltre all’inconsueta provenienza geografica e all’ostico cantato in russo, ciò che caratterizza la proposta musicale dei Molchat Doma è l’oscura estrazione darkwave. Dalle loro note trasudano influenze che passano dai Cure alla buia new wave dei Depeche Mode fino alle sintetiche tessiture dei Kraftwerk, per non parlare dei chiari collegamenti con il repertorio dei Joy Division e le dirette assonanze che la fluida voce del frontman Egor Shkutko ha con il timbro inconfondibile di Ian Curtis.
“Monument” è il terzo album della band proveniente da Minsk ed è incentrato su un concept che fa riferimento alle complesse vicende patite dal popolo bielorusso, dopo più di vent’anni di dittatura mascherata da repubblica presidenziale e violente lotte affrontate dai gruppi antigovernativi contro l’unico stato europeo dove vige la pena di morte e dove esiste ancora il Kgb (nelle altre repubbliche ex-sovietiche non più attivo dal 1991).
Restando fedele all’originale radice di synth-pop alternativo, “Monument” mostra una massimizzazione delle tendenze post-punk, evidenziata soprattutto in “Obrechen”, “Otveta Net” e nella conclusiva “Lubit’ I Vypolnyat”.
Su atmosfere più industrial è incentrato il misterioso sguardo del brano d’apertura “Utonut’”, mentre, con le sue penetranti oscillazioni sonore, “Udalil Tvoy Nomer” suona come il perfetto completamento di una festosa notte anni 80 e “Leningradskiy Blues” sembra un pezzo pescato dalla prestigiosa collezione dei Joy Division.
La traccia che si staglia con più credibilità dal mazzo è “Discoteque”, carica della raggiante audacia e dell'energia procurata da frenetici sintetizzatori e dotata di un fortunato ritornello.
Se c'è una cosa che i Molchat Doma sanno trasmettere è la capacità di creare vibranti immagini e rigidi scenari, che catapultano indietro nel tempo. Anche se chiaramente derivativi, con “Monument” hanno ampliato la portata della proposta, non snaturando ciò che li ha portati a diventare un’enigmatica icona underground conosciuta oltre i confini patrii e non più solo una sussurrata impronta dark locale.
24/11/2020