Schizzi su carta che sembrano usciti dai cassetti di una fabbrica dismessa, matite al posto del mouse, quella voglia matta di allontanarsi, almeno per un po’, dal maledetto computer, e un titolo che rievoca un movimento di Györgi Ligeti: “Articulation” di Rival Consoles, nome d’arte di Ryan Lee West, nasce con queste premesse, quindi distante dall’architettura del recente passato.
Negli ultimi tempi, poi, il musicista inglese non si è fermato un attimo, portando il suo set in ogni angolo del pianeta, fino a suonare assieme a 17 musicisti della London Contemporary Orchestra in occasione di una performance, sold-out, alla Queen Elizabeth Hall del Southbank Centre di Londra. Non male, soprattutto dopo aver contribuito a “Them Is Us” della serie "Adult Swim Singles", composto le musiche originali per "Black Mirror" e per il famoso coreografo Alexander Whitley.
I disegni e gli strumenti analogici creati dall’inglese sono comunque utilizzati esclusivamente per rafforzare la percezione dell’elemento digitale, non per eluderla. Un’inclinazione intuibile in ogni singolo passo dell’album.
Rival Consoles è sceneggiatore a tutto tondo di copioni insoliti, tra pioggerelline consolanti (“Melodica”), ritmiche alla Milanese per non dimenticare le origini (“Articulation”), e fibrillazioni in crescendo che riportano a galla Andy Stott e l'irraggiungibile “Luxury Problems” (“Forwardism”), ma anche Alex “The Field” Willner e a tratti i Minilogue di “Blomma”.
L’elettronica di Rival Consoles, al netto di un’ovvia datazione e rimandi sparsi qui e là, è piena di vita. C’è gioia, speranza, e voglia di fluttuare sopra il mondo e le cose comodamente distesi sopra tappeti di synth disposti razionalmente, tutt’altro che a casaccio (“Sudden Awareness From Now”).
Il moto ondoso emulato dall’introduttiva “Vibrations On A String” rievoca addirittura le musiche (e le immagini) opache dei video in super 8 dei Boards of Canada, con passo estatico appena sufficiente per alzare lo sguardo al cielo, spegnere tutto e ricongiungersi alla natura, provando, a tratti, a tenere anche fermi i fianchi.
E' un bene l'assenza di stravaganti distorsioni e interferenze a pioggia. Musicisti come Ryan Lee West, infatti, esulano dalla sperimentazione alla cazzo di cane. Sono, del resto, cani sciolti che badano alla sostanza. Materia che gode di luce propria, s’intende. E già questo basterebbe per distinguerli, come sacchi pieni di piccoli grandi doni, da buona parte della poltiglia "elettronica" contemporanea.
20/09/2020