A Tyler Blensdorf e Zack Hubbard, le menti dietro il progetto Stabscotch, non piace ripetersi. "Ciò che facciamo si evolverà sempre", chiariscono, se ancora vi fossero dubbi.
La band originaria di Bloomington, Indiana, ma da qualche anno con quartier generale in quel di Pittsburgh, Pennsylvania, si era timidamente materializzata tra i sotterranei del rock cercando un equilibrio tra post-hardcore, noise e sperimentazione con "Eldritch" (2014), proseguendo un anno dopo, e più o meno lungo gli stessi sentieri, con l'Ep a traccia singola di "Ziggurat", prima di mettere mano al capolavoro "Uncanny Valley" (2017), una colossale babele di stili e generi assemblati con il piglio di scienziati pazzi ma assolutamente consapevoli del collasso dell'umanità. Nello stesso anno, a conferma della loro apertura mentale, ai fan venne offerto anche "The Witness", cento minuti di musica suddivisi in tre lunghe escursioni di elettro-psichedelia dronica e malata.
Oggi, invece, è la volta di "Twilight Dawn", disco che esce in due diverse versioni (con relativo artwork), raccogliendo, in due opposte tracklist*, la somma dei brani degli Ep "7 Is A Cycle" e "Drama Dragon", a dare testimonianza della transizione della band dalla magia nera a quella bianca: "Per noi, non è un'idea fantastica - ci tiene a precisare Blensdorf - ma rappresenta qualcosa di tangibile, qualcosa che accade per davvero. Se le persone si sentono collegate alle cose che stanno creando, penso possano riuscire a plasmarle ascoltando a sufficienza il loro subconscio".
Con il nuovo batterista Tom Good in formazione (che qui cede lo sgabello, nella prima e nella quarta traccia, a Sean Kelly) e supportati dal sassofonista Dominick Grande e dalla violinista {arsonist}, gli Stabscotch allentano la presa in termini di impatto viscerale e procedono, inesorabili e al solito eccitanti, nella gloria dell'art-rock più intelligente e creativo del momento, consacrandosi come una delle più grandi (la più grande?) band degli ultimi anni.
"The Last Alchemist" (il primo dei due singoli già in circolazione da un po') trova proprio nell'uso degli archi (c'è anche il violoncello suonato dallo stesso Blensdorf) un veicolo per trasfigurare la carica drammatica della loro musica in qualcosa di austero e, insieme, straniante (Penderecki potrebbe essere un buon indizio), per quanto gli sviluppi siano sempre nevrotici, quando non proprio schizofrenici (si ascoltino la rissa noisecore al giro di boa e la fanfara esultante del gran finale).
"Glass Bubbles" è una ballata psichedelica dai toni oscuri che guarda alle narrazioni dilatate degli Slint, con il basso pulsante e i vividi arpeggi della chitarra a creare una tessitura straniante, ben rafforzata da interludi che evocano un rendez vous tra gli Adult Jazz e gli Extra Life.
Idealmente imparentati con le atmosfere di "Eldritch", i dieci minuti di "Gravity" ci trasportano, invece, verso scenari apocalittici, facendo leva su una continua aggressione doom-industrial che scosse elettrostatiche dilaniano a più riprese.
"Blood Loves // Satyrs" spinge il discorso melodrammatico di "Liberation // Dimensional Snot" (i due titoli hanno, non a caso, un'architettura simile) verso traiettorie ancora più tormentate, chiudendo con una scazzottata elettro-noise che divampa in burrasca massimalista.
"JUMP ON THE URINAL AND STAND ON YOUR HEAD" (il secondo singolo, posto all'inizio di "Drama Dragon") aggiunge al già ricco piatto breakcore, frenesia japanoise e un pizzico di free-jazz. Poi, "Bleached Peacocks" e "NRG Pisces" virano verso altri scenari sorprendenti (ma in parte già testati su "Uncanny Valley"), mostrando, con le loro strutture progressive ed eclettiche (la prima apre con una marcetta lounge-jazz in orbita Residents; la seconda, con un'invocazione a cappella e trattata con l'eco, roba che Brian Wilson approverebbe con sorriso complice), il filo sottile che lega questa musica a quella che i No Trend proposero, a metà degli anni Ottanta, su "Tritonian Nash-Vegas Polyester Complex", e già solo questo basterebbe a giustificare il prezzo del biglietto.
I titoli di coda scorrono propulsi da "Carry the Night With Me": post-punk cinematico, le estasi panoramiche del sax e l'orizzonte di una metropoli che lentamente svanisce nell'abbraccio del crepuscolo.
Rilasciato in edizione limitata (appena cinquanta copie in cd), "Twilight Dawn" è l'ennesima testimonianza di una band ansiosa di esplorare, senza limiti, le molteplici ramificazioni dell'universo rock.
* La tracklist qui indicata fa riferimento alla versione digitale del disco (con copertina ad hoc) disponibile sulla pagina bandcamp della Mr. Snow Productions!.
06/03/2020