L’eclettico jazz-rock dal forte connotato psichedelico, appena turbato da stimoli noise-rock, non era materia facile da trasferire dagli infuocati set live, che li hanno portati all’attenzione di pubblico e critica, su asettici supporti fonografici, ma i Sunwatchers hanno pian piano smussato le derive vintage, a tutto vantaggio di una libertà creativa e artistica che si è perfino incrociata con il punk-jazz di Eugene Chadbourne, trovando la giusta sinergia tra forma e contenuto.
Approdata alla Trouble In Mind con l’album “Illegal Moves”, la band ha raggiunto una consolidata formula sonora, collocandosi in un improbabile scenario a metà strada tra Frank Zappa e i King Gizzard, con la benedizione di Alice Coltrane, Fugs e Don Cherry.
La formazione newyorkese con “Oh Yeah” si conferma band si punta della scena psychedelic-jazz, grazie a un album che rasenta la perfezione senza essere per nulla conciliante. Istinto e agilità incendiano i riff ossessivi e le irregolari e furenti cacofonie, valicando spesso i confini di genere, fino a lambire le lande grunge (“The Conch”), senza perdere neanche per un attimo quel fascino ipnotico e malsano che è il marchio dei Sunwatchers.
Sia ben chiaro che non v’è nulla di regolare nella musica del quartetto: dissonanze e eufonie sono all’ordine del giorno in una tavolozza sonora che genera groove jazz-rock a base di sax e chitarre frenetiche per l’iniziale danza tribale di “Sunwatchers Vs. Tooth Decay”, reinventa la spiritualità di Don Cherry intercettandone la profondità con il circular breathing alla Colin Stetson nell’iconica “Brown Ice” e alza i toni con fare minaccioso e non del tutto gradevole nel kraut-hard-rock-blues alla High Tide di “Thee Worm Store”.
Non fatevi ingannare dalle festose trame di “Love Paste”, unico breve episodio dove i Sunwatchers rallentano il passo e accennano un brivido etnico: nulla è scontato nell’universo dei quattro artisti americani.
Perfetta sintesi, nonché miglior espressione del tragitto artistico della band, i quasi venti minuti di “The Earthsized Thumb” sono l’apoteosi di una summa stilistica che mette sullo stesso piano Albert Ayler, Talk Talk, Sun Ra, Terry Riley e Jimi Hendrix, una sequenza di nomi forse imbarazzanti per qualsiasi altra band ma non per i Sunwatchers, che consegnano a questo anno in corso una suite jazz-rock-psych destinata a entrare negli annali e un disco intenso e originale come pochi. Sublime.
(05/08/2020)