I won't feed the fear
I'll choose a different timeline
Ascend
All is flux, nothing stands still
Ascend
Il futuro dei Cynic, storica band sperimentale del death-metal floridiano, è stato incerto per molti anni: dopo il terzo album "Kindly Bent To Free Us" (2014) le voci di una fine del progetto si sono succedute insistentemente, rafforzate nel 2017 dall'abbandono del batterista e fondatore Sean Reinert. Non bastasse, lo stesso Reinert è morto pochi mesi dopo, a soli 48 anni, seguito dopo poco dal suicidio di Sean Malone, cinquantenne. Paul Masvidal, fondatore e chitarrista/cantante, si è così trovato come unico sopravvissuto di un progetto da sempre discusso e differente, persino per il canone del death-metal più progressivo e fantasioso.
"Ascension Codes" è più metal dell'episodio precedente, e, pur se Masvidal è affiancato da Matt Lynch (batteria) e Dave Mackay (basso/tastiere), suona come un lavoro che espande il percorso sperimentale iniziato quasi trent'anni fa dal capolavoro "Focus" (1993) e rappresenta l'evoluzione di un discorso che il visionario chitarrista ora deve portare avanti praticamente da solo. Lo fa riprendendo le dinamiche fusion-metal in "The Winged Ones" e "Mythical Serpents", non particolarmente originali ma sempre eleganti e algide, ma anche tornando a fare bruciare un dolore lacerante in paesaggi sonori alieni e incorporei, come nel gioco di contrasti di "Elements And Their Inhabitants", o virando verso il malinconico in "Aurora".
Da questo grigiore, poi, si può emergere rinati, come in "Diamond Light Body", sogno futuristico in cui il carismatico vocoder, ben presente anche altrove e marchio di fabbrica della band, sembra voler rappresentare una sublimazione della voce, un balzo fuori dal corpo, nel mondo immateriale. D'altronde, proprio l'impalpabile è il filo conduttore dell'ascolto, attraverso numerosi e a tratti superflui interludi, che fungono da collante della scaletta.
"Ascension Codes" non ha nulla della forza dirompente di un esordio irripetibile, né farà granché per cambiare il corso del metal contemporaneo. Può, però, riallacciare un discorso lasciato in sospeso, che i Cynic hanno portato avanti in una carriera piena di pause e di cambi di stile, e che qui trova un capitolo più accomodante e facilmente inseribile nella narrazione dell'intera produzione. Potrebbe essere anche un punto fermo di un progetto che ha avuto l'ardore d'indicare un futuro lontano e fantascientifico, ma che poi non ha saputo mai raggiungerlo. Al massimo, come accade qui, ha finito per sublimare quell'immagine suggestiva in un amalgama incorporeo, come un'anima che si è liberata del peso della carne e ascende, inafferrabile come una visione, verso il cielo.
05/12/2021