Per un'artista che della malinconia e dell'intima sofferenza ha raccontato ogni possibile sfumatura, è facile essere racchiusa in una nicchia stilistica fino a restare preda di potenziali cliché. Tutto questo per fortuna non accade con Anne Garner, soprattutto ora che la musicista inglese ha dato degno seguito al gioiellino del 2018 "Lost Play", un disco sulle peculiarità emotive dell'infanzia e della fanciullezza che merita di essere recuperato da chi non ha avuto la fortuna di incrociarne la bellezza.
Il sesto album di Anne Garner, "Dear Unknown", riprende le fila del sognante ed etereo dream-pop del precedente album, lasciandone inalterata la poetica, mai sfiorata dall'autocommiserazione e dalla ridondanza.
Alla fragilità emotiva delle composizioni l'autrice contrappone un saggio dominio della materia sonora sottostante. La scrittura è potente, vigorosa, eppure essenziale, melodicamente nobile, anche le armonie pop più travolgenti ed emotivamente empatiche sono spesso decantate con lentezza ("Dust Devil", un brano disponibile anche in una splendida versione remix opera del musicista ucraino Mike Lazarev).
"Dear Unknown" è un disco che si evolve come un corpo unico, una mini-sinfonia ibrida che agita vessilli dream-folk e neoclassici. La voce e la musica di Anne Garner hanno la forza necessaria per trasportare l'ascoltatore in un altro luogo, un mondo fatto di ricordi, di fragranze perdute, di fiducia nel futuro, di sentimenti incontaminati, a volte adagiati su una melodia da torch song fuorviata dal seducente suono di un flauto ("Besides").
Il gusto agrodolce e solitario di questi otto frammenti sonori non è mai eccessivo, non esiste assuefazione possibile alla musica di Anne Garner, anche quando l'autrice rinuncia alla carezza del canto ("Golden Arrow"), o quando tutto sembra piacevolmente prevedibile (la mistica title track, ricca di riverberi), e anche quando una coltre di sofferenza e di struggente malinconia si impadronisce di suoni e voci fino a una potenziale resa emotiva ("Surrender").
Due gli episodi decisamente sopra le righe, ma non musicalmente irruenti, ovvero la quasi romantica e radiosa "This Is Freedom" e l'intensa "Alma", alla cui versatilità armonica e lirica è affidato il racconto più doloroso e personale dell'autrice: la morte di un familiare.
"Dear Unknown" conferma tutte quelle suggestioni che Anne Garner dispensa ormai dal lontano esordio del 2005: un ambient-dream-pop che offre un sincero conforto alla solitudine, e nello stesso tempo soddisfa quella voglia di diversità e di fuga dal mainstream che rende nobile e vitale la nostra relazione con l'arte.
02/05/2022