YOU and ME could be WE
Could be
WE
Are the light you can't see
And WE are the roots of the tree
And WE've got one life
No time for division
New vision
Be my race and religion
È un Win Butler commosso fino alle lacrime, affogato da un mix di gioia e dolore, quello che abbiamo visto interrompere l'esecuzione di "Unconditional I (Lookout Kid)" (il secondo, dolcissimo singolo estratto da questo "We") al Coachella di quest'anno. Sarà stato il ritorno su un grande palco dopo tanto tempo, sarà stata la prima di un brano scritto e cantato rivolgendosi al figliolo, sarà stato tutto quello che abbiamo passato.
La prima cosa a colpire di un disco programmaticamente toccante come "We" non è infatti se gli
Arcade Fire abbiano appreso o meno la lezione (sembra tale l'ingiusto astio dimostrato da critica e pubblico verso il pur buono "
Everything Now" di ormai cinque anni fa) e siano tornati al tanto rimpianto
sound dei primi tre leggendari dischi, bensì quanto sia legato a questi emotivamente tumultuosi anni pandemici. Anni che avrebbero potuto unirci e che invece ci hanno divisi, disintegrando il nostro ideale di comunità anche a fronte di un evento drammatico globale.
Anni di ansie, che gli Arcade Fire prendono di petto e sviscerano con un
concept-album diviso in due sezioni, una intitolata "I" (io) e dedicata a singolarità e solitudine e una intitolata per l'appunto "We" (noi), che ci parla invece di barriere da abbattere, unione, comunione, comunità. A celebrare insieme a Regine il cerimoniale più intenso di quest'ultima, un avvolgente corale sintetico intitolato "Unconditional II (Race And Religion)", è stato chiamato il vate
Peter Gabriel.
Ma come suona questo inno alla fratellanza 2.0? Gli Arcade Fire hanno davvero fatto retromarcia rispetto alla svolta sintetica di "
Reflektor" e a quella pop di "Everything Now", come lasciavano intuire gli antipasti "The Lightning" e "Unconditional I (Lookout Kid)"? Sì e no. Il tanto rimpianto indie-rock epico e corale di "
Funeral" fa certamente capolino nei brani in questione, altrove meno, talvolta niente affatto.
Pur partendo ciascuna a suo modo in sordina, le due "Age Of Anxiety" virano presto e decisamente verso un elettropop movimentato che pesca a mani basse dai momenti elettronici di "
The Suburbs" e dal catalogo dei
New Order; sul finale di "The Lightning II" incontriamo persino una scintillante coda americana; mentre le due ballate addobbate di archi drammatici del comparto "End Of The Empire" sorprendono per l'intensità, la sobria eleganza degli arrangiamenti e l'inedito piglio
lennoniano.
Insomma, dentro a questo "We" c'è un po' di tutto: gli Arcade Fire in ciascuna delle forme che conoscevamo e persino in qualche nuova trasfigurazione. Quello che è sempre intatto - e che a conti fatti è il vero
leit motiv della loro produzione - sono lo spirito ardente ma mai distruttivo, l'afflato corale, la travolgente sincerità e la grandiosità innodica delle melodie. Chi si "accontenterà" di questo invece di sperare in un improbabile ritorno alle origini, troverà in "We" l'ennesimo, ottimo disco dei canadesi.
09/05/2022