Nilüfer Yanya

La composizione del secondo disco di Nilüfer Yanya, a differenza di quanto suggerisce il titolo, ha comportato per la musicista britannica un lungo processo di elaborazione dei propri tormenti interiori. Scrivere e registrare “PAINLESS” deve aver avuto un effetto catartico, ma, come altre raccolte concepite in pieno periodo pandemico, il secondo Lp della chitarrista è anche la testimonianza di un percorso di introspezione, di auto-interrogazione e di ricerca di sé. Seppur avvolte da una veste sonora accattivante ed escapista, le dodici canzoni lasciano infatti intravvedere il proprio nucleo esperienziale, da cui traluce il vasto spettro della negatività e, soprattutto, le ombre che i vari lockdown hanno gettato sulla psiche di tutti noi, esacerbando le incertezze della vita pandemica e quel dolore tangibile, ma ineffabile e inestricabile, che ci portiamo dentro.

In questo senso l’incendiario singolo “stabilise” si era rivelato la scelta azzeccata per anticipare il disco già sul finire del 2021. Qui tra intrecci chitarristici ed energia post-punk si riverberano la sensazione di un asfissiante isolamento e la nostalgia sociale. Dietro questa crosta superficiale si nasconde però anche un senso di solitudine molto più profondo: una claustrofobia non più provocata dal restringersi delle mura del proprio appartamento, bensì dall’incombere degli alti palazzi di una Londra che appare trasfigurata da un punto d’osservazione differente da quello usuale e ben lontano dall’esuberanza creativa di quelle traiettorie artistiche che muovono da un’idea di metropoli progressista e ottimista a tutti i costi. Ci troviamo piuttosto dalle parti di quell’algìa metropolitana che innerva le elegie urbane di Tobias Bamborschke degli Isolation Berlin, in cui lo spaesamento è causato da una Berlino sì strabordante e fluida, ma anche opprimente.

There’s nothing out there
For you and me
I’m going nowhere
Until it bleeds
I’m going nowhere
I’m going nowhere

La perdita di punti di riferimento nel dedalo dei boulevard fa scaturire allora le domande esistenziali riguardanti l’essere al mondo e la necessità di una stabilità psicofisica, relazionale, ma anche economica.

‘Cause I’m not waiting
For no one to save me
And if I’m going to stabilise
And if I’m gonna stabilise
And if I’m gonna stay

Del resto, nonostante il suo carattere viscerale, “PAINLESS” è anche il lavoro più introspettivo mai pubblicato dalla londinese e, più che offrire risposte, sembra essere la trasposizione in musica di un lungo flusso di dubbi che si concatenano nella mente della sua autrice. E così anche sul piano squisitamente musicale, messe da parte le sfumature jazzistiche di alcuni pezzi di “Miss Universe”, la scrittura sembra affidarsi a un’istintività di fondo. Istintività che però non significa perdita di raffinatezza, come dimostrano le stratificazioni chitarristiche di “the dealer” e “stabilise”, il crescendo strumentale di “belong with you”, la sensualità pop di “anotherlife”, i battiti elettronici di “chase me” e “trouble”. Ma tra tutti questi brani dalla facilità melodica e ritmica disarmante, Nilüfer trova nel sublime contrasto tra le melodie angelicate e l’esplodere della distorsione nel finale di “midnight sun” l’apice creativo della propria produzione artistica.

Parrebbe, dunque, che diventare painless possa rappresentare l’obiettivo e il punto di arrivo di una vita piena, epurata finalmente da quel dolore che da sempre attanaglia l’umanità e ogni altro essere esistente su questo pianeta in decadimento. Sarà davvero realizzabile? O si tratta piuttosto di un miraggio, di un sogno oppiato? E anche se la chiusura con “anotherlife” potrebbe suggerire l’avvento di una brezza leggera di ottimismo, Nilüfer, al momento, non possiede una risposta definitiva a questo enigma. Non ci sono però dubbi sul fatto che la sua ricerca sia destinata a continuare. La direzione è decisamente quella giusta e “PAINLESS” sarà da considerarsi come un testamento post-pandemico essenziale.

28/03/2022