Conta le parole 4, 5, 6
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Il classe 1989 Rancore, all'anagrafe Tarek Iurcich, è un alieno del rapper italiano. Il suo approccio alla materia è sempre stato sbilenco, seppure il suo talento non sia stato cristallizzato in un istant classic, nonostante alcuni motivi d'entusiasmo fossero presenti già in alcuni brani e in "Musica per bambini" (2018). La carriera frastagliata ha visto un punto di svolta con la doppia partecipazione sanremese, prima in coppia con Daniele Silvestri e dunque da solo, nel biennio 2019-2020.
Distinguibile dal suo flow veloce, ideale per snocciolare testi costruiti con ambizioni letterarie e narrative, ricorda lo spirito crossover di Caparezza e l'erudita ricerca nei testi di Murubutu: più rap che hip-hop, nel senso che della cultura del genere, e del suo slang e dei suoi tropi, c'è ben poco e Rancore usa le rime per articolare i suoi estesi racconti, rimanendo fuori dalla scena e dalle sue dinamiche, tanto da suggerire consonanze con certo cantautorato romano novantiano (Daniele Silvestri, Max Gazzè).
Per il terzo album solista ha scelto un titolo fantascientifico, "Xenoverso", e sviluppato un world building farraginoso ma ambizioso. I 17 brani sono densi di contenuti che sono riversi sull'ascoltatore, costringendolo a un ascolto esclusivo e attivo. La divertente "Federico", per dire, cita a pioggia filosofi e altri geni del passato, a costo di sembrare un bignamino delle superiori.
Il cuore concettuale dell'album è un trittico di lettere dal futuro: la drammatica "Lontano 2036", la tragedia elettro-rap "X Agosto 2048", che cita per intero la poesia di Pascoli (si diceva del bignamino, no?), e soprattutto il rap androide della distopica "Arakno 2100", più "Black Mirror" - "Matrix" che "Scarface" - "Goodfellas".
Dopo averci spiegato come proseguire da qui in poi nel concept, con un interludio di tre minuti e mezzo (!), arriva un brano che conta le sue stesse parole, "Le rime (gara tra 507 parole)": un virtuosismo aritmetico, pienamente nel suo stile freneticamente matematico. Più immediata "Ignoranze funebri", il brano meno cervellotico del lotto.
Si recupera anche "Eden", già ascoltata a Sanremo e apprezzata per il testo, e troviamo anche l'occasione per due duetti: con Nayt per la cupa "Guardie & ladri" e poi per il tentativo più pop, "Equatore", con Margherita Vicario, che coglie l'occasione per un profluvio di luoghi esotici ma non centra il ritornello.
"Xenoverso" è un album strabordante di contenuti, che richiede una certa pazienza. Rancore non trova ritornelli e melodie distensive, tanto che finisce spesso per usare la ripetizione o l'ininterrotta narrazione come espediente comunicativo. Le parole zampillano, quasi aggrediscono, e il suo flow preciso e veloce non aiuta la digestione, perché nel rincorrere lo storytelling sacrifica, come già in passato, varietà e musicalità.
Più che un concept fatto e finito, questo è uno zibaldone fantascientifico, che fa qualche sforzo per spiegarsi e dispiegarsi, e che ancora una volta non arriva al livello d'eccellenza che pure sarebbe alla portata di Rancore. Speriamo che il prossimo futuro porti ulteriori esplorazioni di questo universo alieno e la definitiva maturità.
(17/04/2022)