Cécile McLorin Salvant

Mélusine

2023 (Nonesuch) | vocal-jazz

Che Cécile McLorin Salvant disponesse di una voce di prim'ordine era in fondo cosa nota, e la cosa si spinge ben oltre la quantità di premi e Grammy di cui ha fatto incetta nel corso della sua carriera. Che fosse un'interprete sensibile e virtuosa è la sua stessa discografia a testimoniarlo. Un album come “The Window” o la stessa travolgente rilettura di “Wuthering Heights” ad apertura di “Ghost Song” uscito lo scorso anno hanno pienamente stabilito la straordinaria ampiezza e la versatilità di un'autentica mattatrice della canzone, tanto sensibile nei registri più piani e “ordinari” quanto vertiginosa nelle occasioni di maggiore libertà e sperimentazione. Che fosse capace di misurarsi con la dimensione del concept, questo rimaneva ancora però da valutare. Non che si dubitasse delle capacità dell'interprete e autrice di Miami (nata da padre haitiano e madre francese). Eppure, un album come “Mélusine” le consente di rispolverare la tragica leggenda associata alla sirena e donarle una nuova cornice, una nuova possibilità di raccontarsi, grazie al sapiente susseguirsi di brani di repertorio e composizioni originali che, pur nella difformità di epoche, contesti e linguaggi, si articola nel copione di un'opera sui generis, adeguatamente inscenata e drammatizzata.

Se è vero che gli spunti più eversivi di “Ghost Song” retrocedono quando proprio scompaiono, nondimeno la cura dietro l'album fa sì che questo sia tutt'altro che un difetto: complice la sua immedesimazione nella storia, il suo vivere lo straniamento e l'euforia di un vibrante triculturalismo, McLorin Salvant compone una raccolta essenzialmente in francese che sa trarre forza dalla più fugace emozione, che diverte e sospende in egual misura. Il recupero in apertura di “Est-ce ainsi que les hommes vivent?”, brano di Leo Ferré basato su una poesia di Louis Aragon, riassume egregiamente le intenzioni dell'interprete: dolore e mistero a contrassegnare ogni battuta, il pianoforte a muoversi in accordo e poi d'improvviso a contrastare di peso il canto, quasi a sottoscrivere la rivelazione più toccante della propria difformità. Anche ad ascoltarla più effervescente, come nel rifacimento del classico “Il m'a vue nue”, originariamente interpretato dalla celebre intrattenitrice Mistinguett, il dramma sotteso al mito, la rivelazione che scatena la tragedia, rimane ad aleggiare come uno spettro, a forzare in avanti la narrazione anche nel più brillante dei contrasti.

Tra filastrocche trecentesche adagiate su percussioni cajun (“Dites moi que je suis belle”), spiritosi intermezzi electro-caraibici (“Wedo”), stravolgimenti espressivi di air de cour del Diciassettesimo secolo (“D'un feu secret”, la più toccante delle interpretazioni qui raccolte), la musicista si dona alla causa con eccellente duttilità e classe, non disprezza anche aperture pop di pregio (“Fenestra”, a tratti vicina ai modi di Cesária Évora), avanza nella storia con una libertà che profuma di vita. Col raffinato strumming di chitarra della title track a simulare un clavicembalo, la libertà si palesa senza troppi complimenti.

 

Come se la cava quindi Cécile McLorin Salvant con un album dalla struttura più solida? Abbattendone i rigori e gettandosi a testa bassa nella mischia. Bene, insomma. Contrastante e ardita, continua a scrivere pagine importanti del vocal-jazz contemporaneo.

(19/05/2023)

  • Tracklist
  1. Est-ce ainsi que les hommes vivent?
  2. La route enchantée
  3. Il m'a vue nue
  4. Dites moi que je suis belle
  5. Doudou
  6. Petite musique terrienne
  7. Aida
  8. Mélusine
  9. Wedo
  10. D'un feu secret
  11. Le temps est assassin
  12. Fenestra
  13. Domna N'Almucs
  14. Dame Iseut




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