In una discussione sul nostro forum, il redattore Damiano Pandolfini ha scherzosamente battezzato il 2023 "l'anno del mappazzone magmatico", notando una serie curiosa di analogie fra alcune delle opere più avventurose uscite negli ultimi mesi. Proposte musicali fra loro distanti, ma accomunate da un orizzonte jazzistico, dalla propensione alle sonorità proteiformi e dalla totale noncuranza del fattore lunghezza delle composizioni. Gli artisti citati nel thread vanno dalla veterana Meshell Ndegeocello agli hypeatissimi London Brew, passando per l'ex-Invisible Dave Okumu e il camaleontico Desire Marea: in buona parte, si tratta di nomi che si muovono in quella zona grigia fra jazz, sperimentazione e popular music che un tempo si sarebbe chiamata senza troppi dubbi "musica progressiva", ma che oggi - forse per non offendere le sensibilità più fragili - fa più scena etichettare con prefissi quali "art-", "avant-" e via dicendo.
All'elenco dei mappazzoni (il termine, beninteso, va letto in chiave nient'affatto negativa) va senz'altro aggiunta l'ultima fatica della bavarese Monika Roscher e della sua big band, pubblicata a maggio per la sua etichetta Zenna Records. A dir la verità, "Witchy Activities And The Maple Death" è già il terzo album da più di un'ora dato alle stampe dalla chitarrista, cantante e compositrice trentottenne, il cui esordio, "Failure In Wonderland", data 2012.
La formazione capitanata da Roscher - il cui organico ammonta a una ventina di elementi - è responsabile di uno dei sound più pirotecnici reperibili più sulla piazza. Un assalto timbrico e ritmico che non ammette paragoni diretti, ma certamente intrigherà chi negli ultimi tempi si è entusiasmato per altri ensemble allargati dediti all'esplorazione delle frontiere prog/jazz/rock: Orchestre tout Puissant Marcel Duchamp, Andromeda Mega-Express Orchestra, il sestetto di Anne Quillier…
Ma anche gli amanti di Björk non dovrebbero farsi sfuggire il (doppio) disco. Fra i pochissimi riferimenti facilmente individuabili, c'è infatti proprio l'artista islandese, i cui echi ricorrono spesso nella vocalità di Roscher - e più raramente invece nel songwriting, anche perché forse "canzoni" è un descrittore inappropriato per le quindici labirintiche tracce dell'album.
Va però osservato che l'intricatezza delle composizioni supera quella di grosso modo qualsiasi accostamento. Fra poliritmi e grovigli fiatistici, sciabolate stravinskiane e impreviste incursioni latin-jazz, ogni pezzo di "Witchy Activities And The Maple Death" suona davvero soltanto come sé stesso (e, a ben vedere, se il brano è sufficientemente esteso, è difficile che l'inizio rassomigli alla fine).
Volendo scandagliare le tracce alla ricerca di elementi comuni, si può notare una predilezione quasi zeuhl per gli incastri ritmici e le atmosfere opprimenti (debitamente alternate a scatti vulcanici). La vicinanza all'avant-prog storico è ulteriormente enfatizzata da un elemento dark cabaret, meno vistoso che negli album precedenti ma chiaramente percepibile in "Firebird" o in "Queen Of Spades". Quest'ultimo è probabilmente il pezzo più immediato del disco: con i suoi accenti da villain song disneyana e il suo robusto ritmo schaffel, potrebbe portare fuori strada chi lo ascoltasse per farsi un'idea di che aspettarsi.
Senz'altro più indicativa la breve suite "Witches Brew", che in dodici minuti e poco impacchetta drum'n'bass e bebop, math e techno, minimalismo e afrobeat, dando vita a un gorgo di ricombinazioni stilistiche che mantiene ipnotizzati voltafaccia dopo voltafaccia. Stregoneria, insomma - perfettamente descritta dal titolo davisiano.
Sia chiaro: la musica di Monika Roscher e della sua band non è per tutti. Richiede disposizione a farsi trasportare, una certa predilezione per il contorsionismo compositivo e l'assenza di timore verso la magniloquenza. Non fatevi però frenare da questi desiderata: il suo stile è unico. Potreste corrispondere alla descrizione e non averlo mai saputo.
26/07/2023