Future Islands

People Who Aren't There Anymore

2024 (4AD)
synth-pop, indietronica, alt-pop

Pensare, scrivere o parlare dei Future Islands tira in ballo, almeno per quanto riguarda chi scrive, il complesso concetto junghiano di sincronicità. Più in dettaglio, tra le tante sfaccettature espresse dall'intellettuale svizzero in merito, quella che viene parzialmente richiamata in questo caso è la porzione che introduce le nozioni che ci portano all'immagazzinare nel nostro inconscio una serie di dati che identificano gli esseri umani con i quali abbiamo avuto un contatto, anche solo visivo. Un'esperienza che si è rivelata così importante da occupare uno spazio nel nostro database, tanto che, a ogni rimando a quella persona, spunta prima di ogni altro pensiero.
Così è per i Future Islands, come accennato. Nulla, per ora, potrà scansare dalla mia testa la loro virale esibizione del 2014 al Letterman Show, quando bucarono lo schermo grazie all'intensa interpretazione del brano "Seasons (Waiting On You)", trainata dalla carismatica - a dir poco - esecuzione che il frontman Samuel Thompson Herring sostenne in quel contesto, tanto da costringere il buon David ad alzarsi ed esternare apertamente al gruppo la propria ammirazione; una situazione accaduta pochissime volte con tale trasporto.

Lasciando da parte tutte le teorie antropologiche e di psicanalisi, il quartetto di Baltimora torna agli onori grazie alla pubblicazione del suo settimo album in studio, intitolato "People Who Aren't There Anymore", un disco che raccoglie il filo lasciato in eredità dal suo predecessore, "As Long As You Are" del 2020.
Nel nuovo lavoro, la penna di Herring tratta l'inevitabile tema dell'amore, nei dodici brani in scaletta sviscerato in una veste decisamente autobiografica, che scava nel profondo delle proprie esperienze, più o meno recenti, dando spazio alle emozioni più forti, che siano di disperazione, di passione, fino a toccare contenuti probanti quali il distacco e l'accettazione, interpretati dal leader della formazione americana con il solito trasporto, il consueto carisma e la sua voce calda, impetuosa, graffiante quando necessario, ma sempre ineguagliabile e riconoscibile.

Come anticipato, le liriche trattano argomenti molto personali e nello specifico quelli che hanno regolato principalmente il rapporto sentimentale che ha legato Herring alla sua ex-compagna, l'attrice svedese Julia Ragnarsson. Una relazione che ha patito le dinamiche della pandemia e della lontananza, come descritto dallo stesso artista, che viveva a intermittenza, si accendeva nelle fasi di convivenza e si affievoliva fisiologicamente a distanza, tanto da rendere la luce della fiammella, alla lunga, sempre più flebile, fino all'inevitabile smorzamento.
Quello dei Future Islands è un approdo sicuro ed elegante, perfetto per chi apprezza generi musicali come synth-pop, indietronica, new wave e, più in generale, quelle sonorità che strizzano l'occhio al sound tipico degli anni 80. Il loro approccio conserva intatte queste strutture portanti, meno veementi rispetto alle scintille degli esordi, all'epoca maggiormente direzionate verso fisionomie post-punk.

Il nuovo materiale appare armonicamente il più coeso della loro intera discografia, forse anche in virtù delle numerose rielaborazioni che ne hanno contraddistinto la realizzazione, sia melodica che concettuale. Le tastiere e i sintetizzatori di Gerrit Welmers si ergono, come al solito, da protagonisti e le linee di basso imposte da William Cashion guidano lo scenario con fervore. La differenza più sostanziale si svela nelle trame chitarristiche, più parsimoniose rispetto al passato, collocate in maniera funzionale a suggellare gli arrangiamenti e le tematiche esposte dalla vocalità e dal magnetismo sprigionato da Herring, senza alcun desiderio di prevaricazione.
La scaletta è un continuo saliscendi di emozioni. Emergono episodi più incisivi, come la personale "King Of Sweden" (da non perdere l'esibizione live del pezzo presentato, nemmeno a dirlo, al Late Show nei mesi scorsi), senza trascurare tracce quali "The Thief", "Say Goodbye" e "Peach", palesemente ammiccanti verso sonorità eighties, che assumono cadenze addirittura trascinanti in "Give Me The Ghost Back".

Non mancano momenti in cui il loro prestigio trova ristoro in trame più raccolte, in ogni modo corpose, ma trasferite verso ambiti armonici meno frenetici, come accade nelle leggiadrie di "Deep In The Night", nell'autorevole enfasi scaturita da "Corner Of My Eye", uno dei passaggi più importanti dell'album, dove la caratteristica vocalità di Herring tratta argomenti quali perdita, dolore e desiderio di provare a voltare pagina, oppure nella struggente brillantezza di "The Tower" e "The Sickness", quest'ultima dedicata alla difficoltà nell'alimentare l'ardore di un rapporto sentimentale corroso dalla solitudine, vicenda che ha segnato in modo irreversibile lo stesso autore.

"People Who Aren't There Anymore" è l'ennesima prova convincente dei Future Islands. Una carriera che naviga su binari di assoluta certezza, senza lasciar trasparire il minimo segnale di deragliamento.
Il loro è un approccio artistico sincero, che lega concetti toccanti, talvolta strazianti, a melodie seducenti, stese con invidiabile valore e padronanza e una connessione stilistica più organica rispetto al passato. Per tutti questi motivi non esagero nell'affermare che proprio tra questi solchi potrebbe insistere l'apice della loro intera storia.

02/02/2024

Tracklist

  1. King Of Sweden
  2. The Tower
  3. Deep In The Night
  4. Say Goodbye
  5. Give Me The Ghost Back
  6. Corner Of My Eye
  7. The Thief
  8. Iris
  9. The Fight
  10. Peach
  11. The Sickness
  12. The Garden Wheel










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