Nun parlo, nun veco, si sento, nun dico
Nun vaco dicenno strunzate in giro
Nun sento che dice, nu sacco 'e nemice
Ca so' piccerille 'int'a uno mirino
Machine 'e lusso ma povere d'anima
Songo lunatico, songo turnato
Parlo cuntanno, cuntanno, cuntanno
Magnanno magnanno te vene cchiù famme
Si apre con una dichiarazione d’intenti il terzo album del rapper napoletano Geolier: “Per sempre” promette coerenza, davanti a Dio e agli ascoltatori. In effetti “Dio lo sa” non fa molto per stravolgere quanto ascoltato ne “
Il coraggio dei bambini” (2023), album di grande successo commerciale che lo ha trasformato in uno dei rapper più famosi d’Italia e che portato ad un passo dalla vittoria a
Sanremo 2024, per essere sorpassato all'ultima votazione da
Angelina Mango. È un terzo album dove a quelle idee si aggiungono canzoni che sono il frutto di un successo notevole e, forse, non del tutto atteso.
Il pop-rap emotivo di “Idee chiare”, non a caso con un altro diventato famosissimo in un battito di ciglia come
Lazza, è idealmente l’altra faccia di Geolier, da mettere a contrasto con quella più
street di “El Pibe Oro”, con una produzione caratterizzata un synth ondulato e un
beat minimale di Poison Beatz.
Il titolare si divide tra problemi di cuore (per esempio “Si stat’ tu” e “Io t’o giur’” con uno
Sfera Ebbasta fiacco) e brani più personali giocati su uno stile che dosa rap, trap e un tono più adulto e introspettivo (“Presidenziale”; “Emirates”; la scurissima “Nu Parl, Nu Parl, Nu Vec” con un’altra grande produzione di Poison Beatz).
Chiaramente si cercano anche le nuove hit: sotto forma di fin troppe collaborazioni di grido, come il
latin-pop-rap “Episodio d’amore” feat. Takagi & Ketra, le deludenti ospitate di
Guè e
Luchè o persino un duetto
piano-pop-rap piangina con Ultimo in “L’ultima poesia”; con un pop-rap da inizio millennio come “Una come te” che è quasi degna del più dimenticabile Rocco Hunt; con il rap elettronico pronto per TikTok di “Una vita fa” (feat.
Shiva; produce
MACE).
Geolier ha dimostrato dai tempi di “Emanuele” (2019) di sapersi raccontare e continua a farlo nella toccante
title track, dove riesce a fondere un rap di strada con la narrazione emotiva del proprio vissuto, e nella conclusiva “Finché non si muore”, un
beat lento che permette di sfoggiare l’abilità che Geolier ha nel
flow e nel
delivery: brani di un’altra pasta, che arriveranno solo a chi si ascolterà tutto l’album, ed è un peccato.
Si trova spazio persino per una
posse track napoletana (“CLS” con Yung Snapp, Lele Blade, MV Killa) che riassume pregi e difetti di un album strutturato in modo sovrabbondante e disomogeneo: troppi ospiti, troppe canzoni, troppi
target da colpire.
Anche se è diventato assai più difficile affermarlo rispetto a quattro anni fa, perché ora è famosissimo e quindi divisivo, Geolier ha del talento. Rischia solo di essere soffocato da aspettative esagerate: come può questo ventitreenne riuscire al contempo a fare brani buoni per i liceali con il cuore infranto ma anche quelli per le serate brave della tarda adolescenza?; le collaborazioni con i nomi affermati ma anche quelle dove lui spinge gli altri meno conosciuti? È semplicemente troppo, come troppe sono 21 canzoni in oltre un'ora, praticamente due album in uno per gli standard del 2024.
Crescere, come rapper, significherà scegliere e accettare l’incoerenza di un percorso che non può continuare a essere sia
street sia
Sanremo, sia racconto introspettivo che hit usa-e-getta. Ce la farà? "Dio lo sa".
13/06/2024