Paysage d'Hiver

Die Berge

2024 (Kunsthall)
atmospheric-black-metal

Le folate di vento gelido, il cielo perennemente grigio, l’inverno che non concede tregua. Questo mood si rigenera di continuo nella proposta di Paysage D’Hiver, one-man band messa in piedi nel lontano 1997 da Tobias Möckl, personaggio di spicco all’interno di una scena svizzera sempre capace di stupire in ambito metal (fin dai tempi dei vari Celtic Frost, Coroner e Samael). Qui, però, scendiamo in una dimensione orgogliosamente underground.
C’è da dire che il polistrumentista di stanza a Berna ne ha fatta di gavetta, sia con una moltitudine di autoproduzioni (tutte poi automaticamente ristampate), sia con un altro gruppo importante che tanto ha dato alla frangia cosmica del black metal (i Darkspace). Il freddo e la solitudine, dalle Alpi all’universo. Non a caso, fin dalla copertina del disco, è la montagna (“Die Berge”) l’unico e autentico crocevia per trasformare in musica tali sensazioni: un viaggio estenuante nonché spaventoso, l’ennesima esperienza nella quale a prevalere è un senso di assoluto e infinito isolamento, anche perché l’album supera i cento minuti di durata (triplo vinile o doppio cd, per gli amanti del supporto fisico).

Rispetto al sound più definito dei predecessori, soprattutto del meno convincente “Geister”, “Die Berge” cerca un più esplicito collegamento alle prime pubblicazioni in forma di demo del progetto, pur senza accantonare la maggiore articolazione compositiva emersa negli ultimi anni. Tobias Möckl, insomma, sembra tornato ai fasti del passato, complice un’ispirazione decisamente al di sopra della media. La notevole lunghezza dei brani in scaletta, nei quali Burzum resta un riferimento costante, ci permette di vivere un incubo tra la neve perenne, dentro un paesaggio infestato da un orrore indicibile.
La colossale “Urgrund” impiega pochi secondi dei suoi 18 minuti a introdurre l’ascoltatore nel gelido paesaggio montano, poi introduce un maestoso riff di chitarra elettrica distorta e quindi, aggiunti synth, batteria e infine voce, tratteggia un quadro infernale. Questa sinfonia dei ghiacci, assalita da un cantato mostruoso e illeggibile, procede per sfuriate e rallentamenti, sempre a volumi assordanti e non concedendo alcuna pausa all’ascoltatore: una suite-tempesta che solo nel finale allenta la sua morsa, intonando una desolante melodia.

Se “Urgrund” descrive il contesto, “Verinnerlichung” nei suoi 15 minuti conduce verso l’anima del protagonista, portandoci al centro del suo dolore: una composizione d’intensità spaventosa, guidata da accordi lugubri e una batteria frenetica e ossessiva, che procede per piccole variazioni, lasciando intravedere una melodia nella nebbia; a metà la batteria si ferma un attimo, per ripartire poco dopo e riprendere il supplizio, fino alla lunga coda dominata dalle chitarre distorte.
Il centro dell’opera è dominato dal trittico di “Transzendenz”, un totale di 34 minuti in cui Paysage d'Hiver ritorna alle sue origini, più astratte e atmosferiche, lasciando ampio spazio alla componente ambientale del progetto, soprattutto nella lenta e desolante seconda parte e nell’ancora più atmosferica e lugubre terza parte, praticamente una marcia funebre artica in cui la voce è sostituita dalla chitarra solista che intona una sconsolata melodia che si spegne nel buio.

I 18 minuti di “Ausstieg” abbandonano il lirismo e ritornano ferocemente al dolore lancinante, all’intensità inumana di “Verinnerlichung”, pur declinando nell’ultima parte verso una più sfumata sintesi di black-metal straziante e una dolce melodia carica di speranza. È un atteso spicchio di cielo azzurro dopo l’immane tempesta, una via di fuga e un assaggio di tranquillità che inevitabilmente si deve contaminare con il dolore attraversato prima.
La conclusiva “Gipfel” rischiara l’arrangiamento, riduce i riverberi e gli echi minacciosi ma ribadisce il tono maestoso, annichilente: è un black-metal a passo doom, intarsiato di melodie chitarristiche e supportato da orchestrazioni di synth che ci conduce finalmente fuori dalle montagne.

Come un paesaggio montano durante una tempesta impietosa, “Die Berge” disorienta, mette i brividi e riesce persino a portare alla follia, conducendo lungo un sentiero di gelide allucinazioni estreme. Il protagonista dell’intero mondo narrativo Paysage d'Hiver, il misterioso vagabondo che potrebbe rappresentare un alter ego del fondatore e unico membro Tobias Möckl, incontra il suo destino con “Die Berge” e questo potrebbe significare la conclusione dell’intero progetto o, più semplicemente, la fine di un lungo ciclo narrativo di questa saga dei ghiacci. Sia come sia, è un disco atmospheric-black-metal tra i più importanti dell’intera stagione e forse l'apice dell'intero progetto, una scalata senza fine verso vette trascendenti, dunque irraggiungibili. Perché “Die Berge” è musica per morire assiderati.

14/11/2024

Tracklist

  1. Urgrund    
  2. Verinnerlichung  
  3. Transzendenz I    
  4. Transzendenz II   
  5. Transzendenz III  
  6. Ausstieg    
  7. Gipfel

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